Tra Biden e Tajani, il collasso della deterrenza occidentale

Con questi politici è una corsa inesorabile verso l'abisso e Gerusalemme è troppo piccola per pensare anche a noi
14 Settembre 2024
biden tajani deterrenza occidentale

C’erano due cose che, per ragioni di tempo e di salute, nella mia vita non avrei mai immaginato di riuscire a vedere: il cambiamento climatico massivo e il declino dell’occidente.

Intendiamoci, ambedue i cataclismi sono inevitabili a meno di un radicale cambiamento della politica mondiale, più probabile sul clima che sul decadimento dell’occidente e dei suoi valori democratici.

Un esempio lampante lo abbiamo avuto ieri a Washington dove il Presidente Joe Biden non è riuscito a trovare il coraggio per autorizzare l’Ucraina a usare i missili a lungo raggio Atacms, forse impaurito per l’ennesima sparata di Putin, lui si spaventato dall’idea che gli ucraini lo vadano a stanare in casa.

Dunque, gli americani hanno dato agli ucraini i mezzi per difendersi e per contrattaccare, ma non li autorizzano ad usarli per colpire il nemico dove farebbe veramente male. Nemmeno quelli donati da altre nazioni che comunque hanno bisogno della tecnologia americana per funzionare.

Perché? Non penso sinceramente che a Washington credano alle sparate alcoliche di Dmitrij Medvedev o alle immaginifiche “linee rosse” di Putin. Credo invece che facciano un ragionamento politico e che temano una seppur apparente escalation con la Russia, anche esclusivamente di tipo verbale, che possa danneggiare Kamala Harris nella corsa alla presidenza.

Putin, che è tutto fuorché uno stupido, queste cose le sa, come sa che Joe Biden non è un Presidente di guerra, non lo è mai stato figuriamoci se lo è a ridosso delle elezioni. Quindi minaccia a 360 gradi sapendo che a Washington temono il ritorno della guerra in Ucraina sui media, proprio quando gli americani se ne stanno dimenticando.

Joe Biden come Tajani, costretti a contare anche gli infinitesimali voti pro-Putin e a dire ogni volta che «non siamo in guerra con la Russia». Come non siamo in guerra con la Russia? Certo che siamo in guerra con la Russia. O meglio, dovremmo esserlo per difendere i nostri valori democratici.

A Roma sono più preoccupati della presunta invasione di clandestini che della reale invasione russa. Dicono di voler difendere i nostri valori ma sono più preoccupati di far sapere a Mosca che gli ucraini non useranno le armi italiane piuttosto che esserlo per le mire nazi-imperialiste di Putin.

È il collasso della deterrenza occidentale, un collasso partito con la fuga dall’Afghanistan e culminato nella strage del 7 ottobre. È tra questi due picchi che si inserisce l’invasione russa dell’Ucraina, un’invasione che è potuta partire perché la deterrenza occidentale si è liquefatta sotto Biden e continua a collassare giorno dopo giorno nonostante lo sforzo immane di Israele per mantenere almeno un’apparenza di deterrenza.  

Non ci sono in questo momento politici in grado di esprimere quella autorevolezza che servirebbe per cacciare le truppe russe fuori dai confini ucraini. Quella autorevolezza necessaria a fermare la lenta ma inesorabile avanzata della Fratellanza Musulmana e della rivoluzione islamica degli Ayatollah. Né Trump né la Harris sono in grado di farlo e Gerusalemme è troppo piccola per pensare anche al resto del mondo.

Oddio, ci sarebbero i personaggi con gli attributi per farlo, ma o sono segregati dietro le linee (Nikki Haley) o non sono politici (Mario Draghi). Restano queste mezze figure né carne né pesce che non possono davvero fermare il declino occidentale.

Franco Londei

Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter

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