Siamo onesti, sulla politica di contrasto all’Iran Netanyahu ha sbagliato

Se gli iraniani sono ad un passo dal confine con Israele, ad un passo dall’avere la bomba atomica, controllano Libano, Siria, Iraq e stanno per controllare lo Yemen, lo vogliamo ammettere che qualcosa non ha funzionato?

Sono sempre stato un fervente sostenitore di Benjamin Netanyahu, non per ragioni politiche delle quali non mi interesso, ma perché ho sempre creduto che fosse l’uomo migliore per guidare Israele.

E lo penso ancora. Tuttavia questo non mi esime dal criticarlo per quelli che io credo essere stati una serie di gravi errori nella politica di contrasto all’Iran.

Il primo punto è il più evidente. Se gli iraniani sono posizionati a pochi Km dal confine israeliano un errore di gestione ci deve essere stato.

Puoi fare tutti i raid aerei che vuoi contro le basi iraniane in Siria, purtroppo il succo non cambia: gli iraniani solo li, e possono vedere il confine di Israele anche senza cannocchiale.

Il secondo punto, sempre a mio modestissimo parere, è quello relativo all’aver dato troppa fiducia a Donald Trump e all’aver puntato quasi tutto sul fatto che sarebbe stato rieletto.

Questo ha provocato due gravi storture. La prima e più evidente è quella di aver corrotto i rapporti con gli Stati Uniti al punto che il Presidente Biden ha chiamato Bibi solo dopo un mese dalla sua elezione. Indiscutibilmente uno smacco politico.

La seconda stortura, meno evidente ma forse più importante, è quella che proprio a causa della troppa sicurezza nella rielezione di Trump, Israele non si è procurato il necessario per mettere in pratica le minacce contro l’Iran. In poche parole, le bombe anti-bunker.

Tutto sembrava essere pronto per farle arrivare in Israele, ma si era così sicuri di avere tempo che non si è accelerato come si sarebbe dovuto fare. Ora Biden non le fornirà mai e senza quelle bombe Israele non può attaccare le centrali nucleari iraniane. Ergo, le minacce verso Teheran sono minacce vuote.

Il terzo punto è forse il più importante. Netanyahu ha sempre sostenuto che con l’Iran non bisognasse trattare ed era un convinto sostenitore del ritiro degli Stati Uniti dal JCPOA, cioè dall’accordo sul nucleare iraniano. Lo ero anche io, tanto che ho gioito quando Trump è uscito da quel bruttissimo accordo.

Ma con il senno di poi quella decisione alla quale non sono stati fatti seguire atti concreti per non permettere all’Iran di andare comunque avanti con il suo programma nucleare, è stata una decisione sbagliata.

Mi spiego meglio. Di per se la decisione era giustissima, ma sarebbe dovuta essere stata accompagnata da una serie di azioni mirate a fermare il programma nucleare iraniano, anche con azioni violente.

Invece non si è andato oltre alle sanzioni e gli Ayatollah, senza più nessuno a controllare, sono veramente a un passo dalla bomba.

Facendo un breve riassunto di quella che è stata la politica di contrasto all’Iran negli ultimi anni non possiamo non notare che:

  • gli iraniani sono al confine con Israele
  • gli iraniani sono a un passo dalla bomba atomica
  • gli iraniani hanno portato avanti un programma balistico in grado di trasportare ordigni nucleari
  • gli iraniani controllano Libano, Siria e Iraq mentre stanno per prendere possesso anche dello Yemen

Onestamente non mi sembra che negli ultimi anni la politica di contrasto all’Iran portata avanti da Netanyahu e Trump abbia dato risultati, anzi…

Ora temo che sia troppo tardi per cambiare passo e per agire contro l’Iran in maniera definitiva. Paradossalmente possiamo solo sperare che il tentativo del Presidente Biden di rimettere un qualche controllo al programma nucleare iraniano vada a buon fine. Questo permetterebbe a Israele (e al mondo) di prendere tempo e magari decidere il da farsi.

Certo, la soluzione più pratica e veloce sarebbe quella che Biden autorizzi il trasferimento in Israele delle bombe anti-bunker e degli aerei adatti a trasportarle. Ma la vedo veramente dura.

Franco Londei

Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter

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