In qualsiasi parte del mondo quando uno o più bambini vengono usati come arma di pressione o addirittura come combattenti si usa definirli “bambini soldato” e non di rado abbiamo visto grandi Organizzazioni internazionali avviare campagne, anche di vasta portata, per denunciare l’uso dei bambini in guerra.
Questo stranamente non è mai avvenuto e non avviene per i bambini palestinesi, nemmeno quando vengono usati come scudi umani o addirittura come vere e proprie armi, sia offensive che di propaganda.
Anzi, se si tratta di fare propaganda anti-israeliana usando i bambini palestinesi c’è una vera e propria scuola di pensiero che ormai da anni riprende sempre lo stesso cliché: il piccolo e indifeso bambino palestinese che sfida i potenti (e naturalmente cattivissimi) soldati israeliani.
L’altro giorno leggevo un articolo scritto da Catherine Cornet pubblicato su Internazionale.it che è la rappresentazione perfetta di quel cliché nato diversi anni fa con Ahed Tamimi e poi continuato con altri bambini palestinesi, un cliché che arriva a sfiorare il patetico tanto è portato all’eccesso.
Nell’articolo, intitolato «La Palestina non è un gioco per bambini ricchi» si tenta molto pateticamente di riprendere quel cliché nato proprio con Ahed Tamimi. Una bambina chiaramente non dalle fattezze mediorientali ma “palestinese” che si scaglia contro i militari israeliani provocandoli pesantemente.
In questo caso abbiano ancora una bambina non mediorientale (che sia anche lei membro della famiglia Tamini?) che si scaglia contro dei militari israeliani rei, secondo la giornalista, di aver arrestato suo fratello (lo sostiene lei).
Scrive Catherine Cornet:
Questi bambini palestinesi che chiedono agli adulti di comportarsi da uomini hanno davanti dei soldati israeliani protetti dalle loro divise, nascosti da caschi e visori, che gli rispondono sempre e solo: eskot (stai zitto), verosimilmente l’unica parola che sanno pronunciare in arabo
Prima di tutto l’ignoranza della giornalista: la stragrande maggioranza dei militari israeliani parla perfettamente l’arabo. Appare chiaro l’intento di far apparire (a un pubblico ignorante) i militari israeliani come una sorta di ignorantoni violenti.
Poi, soprattutto, la riproposizione del “cliché Tamini” che cosi bene ha funzionato in passato. L’uso dei bambini palestinesi, addestrati ad hoc anche su come apparire davanti a una telecamera.
Quanto volgiamo scommettere che ben presto rivedremo la stessa bambina, carina e non mediorientale, in altri video simili? Se la vede Erdogan la chiama ad Ankara e le conferisce sicuramente qualche onorificenza come ha già fatto con Ahed Tamini.
E come la Tamini tra 10 anni avrà ancora 14 anni. Una minorenne a vita. In “Palestina” sono tutti minorenni a vita, anche quando compiono attentati e lanciano i sassi contro le vetture provocando feriti e non di rado anche morti (un fenomeno di cui si parla troppo poco).
I bambini palestinesi usati come arma
Nel video qui sotto, purtroppo non virale come quelli della Tamini, vediamo un “amorevole padre” palestinese che spinge il proprio bambino contro i militari israeliani che chiaramente si guardano bene dal reagire, anche se un paio di sberloni al padre ci starebbero tutti.
E’ la norma non l’eccezione. I bambini palestinesi sono sempre in prima linea, che si tratti di Giudea e Samaria o che si tratti di Gaza. Sono sempre i primi ad essere “lanciati” contro i militari israeliani, sono i primi ad essere messi sui tetti dei centri di comando dei terroristi per non farli bombardare e, male che vada, si potrà sempre dire che gli israeliani uccidono i bambini palestinesi.
E poi, cosa importantissima, nella narrazione comune dei pro-pal sono sempre e comunque minorenni, sia che vengano feriti sia che vengano arrestati dopo un attentato. Stranamente non hanno mai più di 16 anni.
Sotto certi aspetti sono più “seri” i terroristi di Hamas. Loro i bambini li addestrano direttamente a combattere e non si vergognano nemmeno di dirlo. Organizzano persino appositi campi scuola estivi dove non gli si insegna a giocare, come a qualsiasi bambino del mondo, ma li addestrano a uccidere ebrei.
E non so, in tutta sincerità, se siano peggio i genitori palestinesi che usano i propri figli come arma oppure sia più squallida una giornalista e una testata giornalistica che usano quegli stessi bambini per diffondere menzogne artefatte per (ri)dipingere una realtà che non c’è.
Ormai Ahed Tamimi è troppo vecchia per passare da bambina, serve una nuova icona.
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