Secondo Nodirbek Soliev, analista senior del International Centre for Political Violence and Terrorism Research (ICPVTR), in Siria si sta verificando un fatto che pochi avevano previsto: la rinascita di Al Qaeda.
In un recente editoriale apparso su importanti testate internazionali, il noto analista e scrittore evidenzia come quanto stia accadendo nella provincia siriana di Idlib sia qualcosa di quasi inedito per l’organizzazione terroristica che fu di Bin Laden e che ora è guidata da Ayman al-Zawahiri. A Idlib Al Qaeda si è organizzata militarmente spostando nella provincia siriana le sue forze d’elite.
In realtà non è proprio così
Entra più nel dettaglio un rapporto della intelligence israeliana secondo il quale nella provincia siriana opera il gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS), legato a doppia mandata con Al Qaeda essendo questo gruppo il risultato della fusione di quello che rimaneva dei vecchi gruppi jihadisti a volte persino rivali, quali il Fronte Al-Nusra e altri.
Secondo l’intelligence israeliana HTS può contare su una forza di 20.000 combattenti provenienti da Albania, Cina, Asia centrale, Iran, Maldive e Russia, tutti altamente addestrati al combattimento e con a disposizione un importante arsenale di armi.
Questi dati, riportati nei suoi editoriali anche da Nodirbek Soliev, fanno dire all’analista che Al Qaeda ha cambiato notevolmente il suo mudus operandi portandolo a un livello molto simile a quello adottato a suo tempo dallo Stato Islamico. Insomma, Al Qaeda per rinascere si è adeguata alle caratteristiche operative di ISIS, compresa l’idea di trasformare le terre occupate in un califfato con tanto di leggi e regole.
L’offensiva russo-siriana nella provincia di Idlib e la mediazione della Turchia
Nella provincia siriana di Idlib, dove Al Qaeda ha instaurato quello che chiama “governo della salvezza” e dove ha spostato i suoi gruppi combattenti d’elite quali Asaib al-Mawt (Lega della morte) e Asaib al-Hamra (Bandane rosse) si trovano intrappolati circa 2,5 milioni di civili, il che rende problematica la riconquista di quel territorio da parte del regime siriano e dell’alleato russo. Impossibile una offensiva su larga scala, terrestre e aerea, senza un bagno di sangue per i civili.
Ed è qui che entra in scena la Turchia come “mediatore tra le parti”. Ufficialmente per evitare un bagno di sangue tra i civili, Ankara non sta mediando la resa dei gruppi Jihadisti, ma la loro salvezza.
Non è un fatto nuovo. Già in passato la mediazione della Turchia ha garantito un “corridoio sicuro” agli Jihadisti, poi in buona parte arruolati direttamente da Ankara e usati sempre in Siria per esempio nell’offensiva che ha portato alla conquista della regione curda di Afrin.
Anche in questo caso i turchi cercano di approfittare della situazione e vorrebbero garantire un “corridoio sicuro” a quegli Jihadisti che vorrebbero lasciare la provincia di Idlib e quindi trasformare la rinascita di Al Qaeda in qualcosa di utile per Ankara, un po’ come se HTS e la stessa Al Qaeda fossero destinati a diventare una sorta di Proxy turco.
La provincia siriana di Idlib diventa quindi una sorta di test, un banco di prova per le future ambizioni di Al Qaeda come vera e propria forza militare e, soprattutto, diventa un banco di prova per le più elevate ambizioni da Califfo dell’Islam di Erdogan e della Fratellanza Musulmana di cui proprio Al Qaeda è una branca.
Ormai provato che possono resistere anche a forze soverchianti e che l’alternativa al Califfato dello Stato Islamico è un califfato della Fratellanza Musulmana guidato da Erdogan, ora l’interesse del dittatore turco è quello di mettere in salvo gli Jihadisti prima che parta la vera e propria offensiva russo-siriana e renda vano il “test” di Idlib.
Certo, è importante che i civili intrappolati a Idlib non rischino la vita, ma ad Erdogan dei civili non importa nulla, a lui interessa la salvezza di quelle forze d’elite che possono tornare utili alla causa del “grande califfato”. La salvezza dei civili diventa quindi il mezzo per salvare i combattenti di Al Qaeda e metterli sotto il proprio controllo.
Il fatto disdicevole è che la cosa sta funzionando. Più cresce la pressione militare russo-siriana e più aumentano i rischi per la popolazione civile. Più aumentano i rischi per i civili e più aumentano le possibilità che Erdogan raggiunga il suo obiettivo.
E così mentre il mondo è distratto da altre vicende, in particolare dalla tensioni tra USA e Iran nel Golfo Persico, Erdogan si appresta a mettere a segno un vero colpaccio, diventare agli occhi dei musulmani l’artefice della rinascita di Al Qaeda e della sua trasformazione in qualcosa di “meno sotterraneo e più militare”, qualcosa di “più ufficiale”, un vero e proprio proxy da usare all’occorrenza per i propri torbidi scopi.
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