Prove tecniche per la rinascita di Al Qaeda. Il ruolo della Turchia

22 Maggio 2019

Secondo Nodirbek Soliev, analista senior del International Centre for Political Violence and Terrorism Research (ICPVTR), in Siria si sta verificando un fatto che pochi avevano previsto: la rinascita di Al Qaeda.

In un recente editoriale apparso su importanti testate internazionali, il noto analista e scrittore evidenzia come quanto stia accadendo nella provincia siriana di Idlib sia qualcosa di quasi inedito per l’organizzazione terroristica che fu di Bin Laden e che ora è guidata da Ayman al-Zawahiri. A Idlib Al Qaeda si è organizzata militarmente spostando nella provincia siriana le sue forze d’elite.

In realtà non è proprio così

Entra più nel dettaglio un rapporto della intelligence israeliana secondo il quale nella provincia siriana opera il gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS), legato a doppia mandata con Al Qaeda essendo questo gruppo il risultato della fusione di quello che rimaneva dei vecchi gruppi jihadisti a volte persino rivali, quali il Fronte Al-Nusra e altri.

Secondo l’intelligence israeliana HTS può contare su una forza di 20.000 combattenti provenienti da Albania, Cina, Asia centrale, Iran, Maldive e Russia, tutti altamente addestrati al combattimento e con a disposizione un importante arsenale di armi.

Questi dati, riportati nei suoi editoriali anche da Nodirbek Soliev, fanno dire all’analista che Al Qaeda ha cambiato notevolmente il suo mudus operandi portandolo a un livello molto simile a quello adottato a suo tempo dallo Stato Islamico. Insomma, Al Qaeda per rinascere si è adeguata alle caratteristiche operative di ISIS, compresa l’idea di trasformare le terre occupate in un califfato con tanto di leggi e regole.

L’offensiva russo-siriana nella provincia di Idlib e la mediazione della Turchia

Nella provincia siriana di Idlib, dove Al Qaeda ha instaurato quello che chiama “governo della salvezza” e dove ha spostato i suoi gruppi combattenti d’elite quali Asaib al-Mawt (Lega della morte) e Asaib al-Hamra (Bandane rosse) si trovano intrappolati circa 2,5 milioni di civili, il che rende problematica la riconquista di quel territorio da parte del regime siriano e dell’alleato russo. Impossibile una offensiva su larga scala, terrestre e aerea, senza un bagno di sangue per i civili.

Ed è qui che entra in scena la Turchia come “mediatore tra le parti”. Ufficialmente per evitare un bagno di sangue tra i civili, Ankara non sta mediando la resa dei gruppi Jihadisti, ma la loro salvezza.

Non è un fatto nuovo. Già in passato la mediazione della Turchia ha garantito un “corridoio sicuro” agli Jihadisti, poi in buona parte arruolati direttamente da Ankara e usati sempre in Siria per esempio nell’offensiva che ha portato alla conquista della regione curda di Afrin.

Anche in questo caso i turchi cercano di approfittare della situazione e vorrebbero garantire un “corridoio sicuro” a quegli Jihadisti che vorrebbero lasciare la provincia di Idlib e quindi trasformare la rinascita di Al Qaeda in qualcosa di utile per Ankara, un po’ come se HTS e la stessa Al Qaeda fossero destinati a diventare una sorta di Proxy turco.

La provincia siriana di Idlib diventa quindi una sorta di test, un banco di prova per le future ambizioni di Al Qaeda come vera e propria forza militare e, soprattutto, diventa un banco di prova per le più elevate ambizioni da Califfo dell’Islam di Erdogan e della Fratellanza Musulmana di cui proprio Al Qaeda è una branca.

Ormai provato che possono resistere anche a forze soverchianti e che l’alternativa al Califfato dello Stato Islamico è un califfato della Fratellanza Musulmana guidato da Erdogan, ora l’interesse del dittatore turco è quello di mettere in salvo gli Jihadisti prima che parta la vera e propria offensiva russo-siriana e renda vano il “test” di Idlib.

Certo, è importante che i civili intrappolati a Idlib non rischino la vita, ma ad Erdogan dei civili non importa nulla, a lui interessa la salvezza di quelle forze d’elite che possono tornare utili alla causa del “grande califfato”. La salvezza dei civili diventa quindi il mezzo per salvare i combattenti di Al Qaeda e metterli sotto il proprio controllo.

Il fatto disdicevole è che la cosa sta funzionando. Più cresce la pressione militare russo-siriana e più aumentano i rischi per la popolazione civile. Più aumentano i rischi per i civili e più aumentano le possibilità che Erdogan raggiunga il suo obiettivo.

E così mentre il mondo è distratto da altre vicende, in particolare dalla tensioni tra USA e Iran nel Golfo Persico, Erdogan si appresta a mettere a segno un vero colpaccio, diventare agli occhi dei musulmani l’artefice della rinascita di Al Qaeda e della sua trasformazione in qualcosa di “meno sotterraneo e più militare”, qualcosa di “più ufficiale”, un vero e proprio proxy da usare all’occorrenza per i propri torbidi scopi.

Haamid B. al-Mu’tasim

Blogger siriano rifugiato in Italia. Esperto di terrorismo islamico e di dinamiche mediorientali in particolare di Siria e Iraq

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