L’eutanasia del Partito Democratico arrivata ieri al culmine con le dimissioni di Bersani e della Bindi e con il ritiro piccato della candidatura di Prodi, è uno dei suicidi controllati più prevedibili e annunciati del mondo iniziato quando alle primarie la nomenklatura sovietica del PD ha fatto di tutto per far fuori Matteo Renzi.
I vertici del partito non hanno saputo cogliere il prorompente cambiamento che stava avvenendo nella politica italiana, un cambiamento richiesto a gran voce dalla maggioranza degli italiani e che poi li ha travolti sottoforma di Movimento 5 Stelle. Si è preferito mantenere lo status quo, le poltrone, le relazioni privilegiate con le Coop rosse e la CGIL. Insomma si è preferito mantenere la vecchia nomenclatura in stile soviet supremo piuttosto che aprire alle rivoluzionarie idee di Mattero Renzi.
Sia ben chiaro, la colpa non è solo della dirigenza ma anche di tutti quegli iscritti che hanno preferito Bersani a Renzi, non perché magari sotto sotto non capissero che il sindaco di Firenze avesse ragione, ma perché troppo attaccati alle vecchie idee assistenzialiste post-comuniste, gente che in fondo la crisi la sente solo fino a un certo punto, pensionati (anche baby pensionati), dipendenti pubblici o della CGIL, pensatori e intellettuali radical chic, gente a cui piace comprare l’Unità e che segue fedelmente (con una fedeltà paragonabile a quella dei ciellini) tutto quello che viene scritto, pardon, stampato, sul “sacro giornale di partito”.
E cosa hanno ottenuto tutti questi critici che ancora ieri davano la colpa di tutto questo a Renzi e che continuavano ad accusarlo di essere un “infiltrato di destra” solo perché aveva detto che i voti che mancavano per vincere le elezioni bisognava andarli a cercare tra i delusi della destra, o perché era andato a pranza da Berlusconi (apriti cielo) per di più alla luce del sole e non passando da un tunnel come fece Bersani per incontrare Alfano, oppure perché aveva detto in TV che il vero pericolo in Medio Oriente si chiama Iran e non Israele (una bestemmia per i comunisti duri e puri). Hanno ottenuto la liquefazione del Partito Democratico, la stessa liquefazione dei partiti comunisti e democristiani da cui in fondo il PD era nato.
E se ancora oggi andate a farvi un giro su Facebook vi troverete i soliti intellettuali radical chic, quelli che vanno a fare colazione al bar con l’Unità sottobraccio e che la crisi vera non la sentono, che accusano Matteo Renzi di aver provocato questa vera e propria eutanasia solo perché si è opposto alla candidatura di Marini e da anni va dicendo che la politica va cambiata, che i politici vanno cambiati, che tutto il sistema va cambiato. Questi non se lo sognano nemmeno di fare un po’ di autocritica e di andare a guardare oltre la punta del loro naso.
Che dire? L’eutanasia del Partito Democratico è la logica conseguenza di anni e anni di politica fallimentare, una politica concentrata unicamente sulla demonizzazione di Berlusconi, con il quale poi non disdegnavano di fare inciuci e inciucetti di ogni tipo. Una politica graniticamente di partito dove gli interessi dei singoli o delle singoli correnti andavano oltre l’interesse collettivo. Capirai se accettavano Matteo Renzi che dell’interesse collettivo aveva fatto la sua bandiera.
Non tutto il male vien per nuocere, diceva un saggio tanti anni fa per fare intendere che dai propri errori si impara e ci si corregge, ma sul Partito Democratico questa equazione sembra non funzionare. Sono fermamente convinta che continueranno a dare addosso a Matteo Renzi e che alle prossime elezioni faranno compagnia a Di Pietro, a Fini, a Ingroia e a tutti quelli cancellati dalla storia.
Bianca B.
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