Netanyahu accusato di boicottare i colloqui per gli ostaggi

Il comunicato con le condizioni di Netanyhu diffuso all'ultimo momento di domenica sera ha spiazzato e irritato i negoziatori e i famigliari degli ostaggi
8 Luglio 2024
Netanyahu accusato di boicottare colloqui per gli ostaggi

Hanno scatenato la rabbia dei negoziatori israeliani e delle famiglie degli ostaggi in mano ad Hamas le quattro richieste aggiunte all’ultimissimo momento dal Premier israeliano, Benjamin Netanyahu.

Domenica sera, poco prima della partenza del team negoziale israeliano per ulteriori colloqui sugli ostaggi al Cairo e a Doha, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha presentato un elenco di quelle che ha definito richieste israeliane non negoziabili.

L’elenco si basa su quattro punti non negoziabili. L’accordo dovrà:

  1. consentire a Israele di tornare e combattere finché non saranno raggiunti tutti gli obiettivi della guerra
  2. garantire che l’accordo non consentirà il contrabbando di armi dall’Egitto a Gaza
  3. garantire che l’accordo non consentirà il ritorno di migliaia di terroristi di Hamas nel nord della Striscia di Gaza
  4. consentire a Israele di massimizzare il numero degli ostaggi vivi che verranno rilasciati da Hamas

“Il piano concordato da Israele e accolto con favore dal presidente Biden consentirà a Israele di liberare gli ostaggi senza violare gli altri obiettivi della guerra” si legge nel comunicato rilasciato ieri sera dall’ufficio del Primo Ministro.

La dichiarazione di Netanyahu, in una fase cruciale prima della ripresa dei colloqui, ha scatenato la rabbia sia in Israele che tra i mediatori, alcuni dei quali lo hanno accusato di tentare di sabotare i progressi ottenuti con tanta fatica.

La ripresa dei negoziati sia in Egitto che in Qatar è stata possibile dopo che sabato il gruppo terroristico Hamas ha dichiarato di essere pronto a discutere un accordo sugli ostaggi e la fine della guerra a Gaza senza un impegno anticipato da parte di Israele a un “cessate il fuoco completo e permanente”, rompendo con la posizione che ha mantenuto in tutti i precedenti negoziati da novembre.

La nuova posizione di Hamas in merito alla proposta sostenuta dagli Stati Uniti per una tregua graduale e uno scambio di ostaggi a Gaza potrebbe potenzialmente aprire la strada alla prima pausa nei combattimenti dallo scorso novembre, sebbene tutte le parti abbiano avvertito che un accordo non è ancora garantito.

Tuttavia parlando domenica con l’AFP, un alto funzionario di Hamas rimasto anonimo, ha confermato che il gruppo terroristico non stava più cercando un impegno immediato per un cessate il fuoco completo, in quanto ha spiegato che “questo passaggio è stato aggirato, poiché i mediatori hanno promesso che finché fossero continuate le negoziazioni [per gli ostaggi], sarebbe continuato anche il cessate il fuoco”.

Il capo del Mossad David Barnea, che porta avanti i negoziati, ha tuttavia smentito che nelle trattative ci fosse una “eventualità del genere” meno che meno un impegno scritto in tal senso.

La rabbia dei mediatori e delle famiglie degli ostaggi

La dichiarazione dell’ufficio di Netanyahu è stata accolta con rabbia dai famigliari degli ostaggi, dai funzionari della sicurezza e dai mediatori israeliani che, non per la prima volta, hanno accusato il primo ministro di aver tentato di sabotare l’accordo.

“Netanyahu finge di volere un accordo, ma sta lavorando per affossarlo”, ha detto un anonimo funzionario della sicurezza a Channel 12. “Sta trascinando il processo, cercando di allungare i tempi fino al suo discorso al Congresso [il 24 luglio] e poi alla pausa [della Knesset]”.

Secondo un funzionario arabo che segue le trattative, la richiesta non negoziabile di riprendere i combattimenti dopo la prima fase dell’accordo di cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi, pubblicizzata dall’ufficio di Netanyahu, tocca l’aspetto più delicato dei negoziati in corso, poiché Hamas sta cercando rassicurazioni dai mediatori sul fatto che Israele non riprenderà i combattimenti dopo la fase iniziale.

Il funzionario ha affermato che i mediatori sono riusciti a far sì che Hamas abbandonasse la precedente richiesta di un impegno anticipato da parte di Israele a porre fine alla guerra all’inizio della prima fase dell’accordo.

Hanno invece mantenuto un linguaggio relativamente aperto riguardo alla transizione dalla fase uno alla fase due, che consente sia a Israele di sentirsi sufficientemente tranquillo da avere la possibilità di riprendere a combattere se Hamas cessa di negoziare in buona fede, sia ad Hamas di sentirsi sufficientemente tranquillo dal fatto che i mediatori impediranno a Israele di riprendere la guerra invece di attuare il cessate il fuoco permanente che è la fase due dell’accordo.

“Dichiarazioni come quella fatta dal primo ministro danneggiano gravemente gli sforzi per mantenere questa ambiguità”, ha affermato il funzionario arabo.

“Non si può fare a meno di concludere che sono state fatte per scopi puramente politici”, ha aggiunto il funzionario, riferendosi al desiderio di Netanyahu di compiacere i partner della coalizione di estrema destra che si oppongono all’accordo sugli ostaggi.

Lo schema redatto da Israele per un accordo sugli ostaggi e una tregua a Gaza, presentato da Biden alla fine di maggio, proponeva un accordo graduale che avrebbe incluso un cessate il fuoco “totale e completo” di sei settimane che avrebbe visto il rilascio di numerosi ostaggi, tra cui donne, anziani e feriti, in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri di sicurezza palestinesi.

Durante questi 42 giorni, le forze israeliane si ritireranno anche dalle aree densamente popolate di Gaza e consentiranno il ritorno degli sfollati alle loro case nel nord di Gaza.

In quel periodo, Hamas, Israele e i mediatori avrebbero negoziato anche i termini della seconda fase che avrebbe potuto vedere il rilascio degli ostaggi maschi rimasti, sia civili che soldati, in cambio, Israele avrebbe liberato altri prigionieri e detenuti palestinesi. La terza fase avrebbe visto il ritorno di tutti gli ostaggi rimasti, compresi i corpi dei prigionieri morti, e l’inizio di un progetto di ricostruzione per Gaza.

Sarah G. Frankl

Vive nel sud di Israele. Responsabile della redazione e delle pubblicazioni Breaking News. Cura i social di Rights Reporter. Esperta del settore informatico. Hacker Etica

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