E’ solo un caso che l’ultima strage di migranti avvenuta nel deserto del Sahara sia venuta alla luce, ma non ci troviamo di fronte a una eccezione, stragi come questa sono la regola nel tragitto che porta i migranti dai loro paesi d’origine alle coste del Mediterraneo.
Il film dossier che trovate in coda all’articolo è di qualche tempo fa eppure è così attuale. E’ un reportage di Valeria Manna sul film “come un uomo sulla terra” , storie di migranti che cercano di raggiungere l’Europa, con Interviste ad Andrea Segre e a Dagmawi Yimer, etiope che ha attraversato la Libia per arrivare in Italia. Guardatelo con molta attenzione perché è davvero illuminante su quello che devono sopportare questi poveracci per raggiungere il sogno di una vita migliore.
Ed è proprio questo il punto: il sogno di una vita migliore che tutti abbiamo, anche in Europa, ma che per questi poveracci nella maggioranza dei casi si trasforma in un incubo e spesso nella morte. Un incubo che poi continua per i più fortunati che riescono a raggiungere le coste europee e che non trovano quello che credevano di trovare, ma trovano altra miseria, altre privazioni e spesso altri soprusi, specie per le donne.
Cosa si può fare per fermare questa follia collettiva che spinge migliaia di disgraziati a cercare una via di fuga dai loro Paesi?
Prima di tutto occorre cambiare la politica europea di sviluppo. Basta con l’assistenzialismo e largo ai progetti di sviluppo anche a lunghissimo termine (qui un esempio di quello che intendiamo). Il fallimento delle politiche emergenziali adottate fin qui dall’Europa sono davanti agli occhi di tutti. Fino ad oggi hanno favorito solo i politici corrotti e i signori della guerra costringendo centinaia di migliaia di africani a fuggire dalla loro terra. Poi, interventi di interposizione massicci e decisi nei Paesi interessati da conflitti. Questa settimana per la prima volta nella storia si è assistito a un vero intervento militare dell’Onu, è successo in Congo, e per la prima volta una parte in conflitto (il gruppo ribelle M23) si è dovuto ritirare permettendo a decine di migliaia di persone di rientrare nei loro villaggi. Le forze Onu e qualsiasi forza di interposizione non può rimanere solo a guardare, deve intervenire. Un altro caso eclatante è l’intervento francese in Mali. Le guerre sono uno dei motivi principali che spingono questi disperati alla fuga. In terzo luogo servono regole internazionali sullo sfruttamento e la redistribuzione dei redditi provenienti dalle risorse (petrolio, oro, diamanti, coltan, ecc. ecc.). Non è un caso che i migranti provengano proprio da quei paesi che sono più ricchi di risorse (anche qui una nostra proposta che riguarda il coltan) e questo francamente è una contraddizione che deve finire. Infine una politica agraria che soddisfi le esigenze delle popolazioni locali e non lo sfruttamento straniero attraverso il cosiddetto land grabbing.
Queste sono poche mosse, perfettamente e velocemente implementabili, che possono contribuire a una sensibile diminuzione dei flussi migratori e quindi a un sensibile calo di queste immani stragi di poveretti. Se poi in contemporanea si agisse sui Governi dei cosiddetti “paesi di attraversamento” affinché perseguano i trafficanti di esseri umani non sarebbe affatto male.
L’Europa non può più girarsi da un’altra parte perché così facendo diventa complice di queste stragi di migranti e allo stesso tempo non vanno bene nemmeno le politiche di accoglienza e assistenzialismo selvaggio che vorrebbero la Kyenge e altri come lei. L’unica cosa per salvaguardare questa povera gente rimane quindi lo sviluppo, la pacificazione (anche imposta) e la lotta ai trafficanti di esseri umani, gli stessi che abbandonano questi disperati nel mezzo del deserto o del mare, come del resto fa l’Europa.
Tamara Rinaldini
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