Nella informazione occidentale c’è uno squilibrio evidente a favore dei terroristi nel raccontare i fatti in Medio Oriente se è vero che 45 missili sparati da Gaza contro i civili israeliani in un sola notte non fanno notizia.

E’ uno squilibrio che diventa complicità con i terroristi quando in maniera deliberata si vittimizza chi attacca mirando a far del male e usa i propri civili come arma e si colpevolizza chi si difende e chi soprattutto, al contrario dei terroristi, difende i propri civili.

Ed è questo il motivo per cui ieri la “grande stampa” ha ignorato uno degli attacchi più violenti degli ultimi anni contro Israele: non c’era nulla nella reazione israeliana che potesse far gridare alla “reazione sproporzionata”, nulla che potesse vittimizzare i “poveri palestinesi” e colpevolizzare i “cattivi israeliani”.

Eppure l’escalation c’è. La volontà da parte di Hamas e della Jihad Islamica di trascinare Israele in un conflitto devastante e possibilmente sanguinoso (tanto sono i civili a pagarne il prezzo più caro) è evidente, palese come il sole.

Lo sanno benissimo le cancellerie in occidente, come lo sanno i media (che hanno fior fiore di analisti tutt’altro che stupidi) che Hamas ha bisogno come il pane di avere un gran numero di “martiri” per poter sopravvivere, che ha bisogno che i carri armati entrino a Gaza e che gli aerei bombardino per poter poi avere quel sostegno mediatico che fino ad oggi ha descritto i terroristi come vittime e le vittime come terroristi di Stato. Se non ci sono i “martiri” questa equazione non funziona.

Fino ad ora Netanyahu ha evitato accuratamente di cadere nel trappolone di Hamas, ha evitato che le più che giuste reazioni israeliane contro obiettivi di Hamas provocassero “martiri”, probabilmente grazie ai nuovi missili “Rampage” di cui si pensa disponga l’aviazione israeliana e che dovrebbero essere stati testati proprio contro obiettivi di Hamas visto che oltre ad essere non rilevabili sono studiati anche per minimizzare gli effetti collaterali.

Ma fino a quando Netanyahu potrà evitare una risposta più dura? Fino a quando Israele potrà non prendere in considerazione una azione terrestre? Le provocazioni dei terroristi crescono giorno dopo giorno, dai palloni e aquiloni incendiari che stanno distruggendo le colture nel sud di Israele fino alla raffica di missili sparati ieri.

A pensare ai media occidentali mi viene in mente la figura dell’avvoltoio appollaiato sul ramo che aspetta che la vittima schiatti. Come tanti avvoltoi aspettano che Israele reagisca in maniera massiccia pronti a denunciarne la “reazione sproporzionata”, pronti a riprendere e vittimizzare (quando non glorificare) i “martiri” che immancabilmente ci saranno a seguito di una azione israeliana più massiccia. Il silenzio sulla raffica di missili di ieri è eloquente, non si vuole dare all’opinione pubblica l’impressione (corretta) che Israele si difenda e reagisca a un attacco, al contrario, si vuol dare l’impressione distorta che un eventuale attacco israeliano alla Striscia di Gaza sia il frutto di una aggressione se non proprio ingiustificata almeno sproporzionata rispetto alla minaccia.

Lo abbiamo già visto fare in passato, per questo parliamo di complicità con i terroristi, perché si tratta di una strategia studiata a tavolino con il solo fine di colpevolizzare Israele e vittimizzare i terroristi. Si tace quasi totalmente sulle provocazioni di Hamas mentre si enfatizzano le reazioni israeliane. E hanno il coraggio di chiamarsi “giornalisti”.