Nel momento in cui scrivo sembra ormai certo che la Turchia andrà al ballottaggio in quanto nessuno dei due contendenti ha ottenuto il 50% più uno dei voti.
Tra due settimane quindi Recep Tayyip Erdogan e Kemal Kilicdaroglu si sfideranno nuovamente per la presidenza della Turchia.
La cosa positiva è che dopo venti anni il consenso per Erdogan comincia a calare e la presidenza del gigante turco viene messa in discussione. La cosa che lascia comunque riflettere è che nonostante tutto la metà dei turchi ha scelto ancora il capo della Fratellanza Musulmana.
E non è un dato da niente anche perché sull’altro lato ci sono sempre moltissimi Fratelli Musulmani anche se – per varie ragioni – hanno preferito il candidato repubblicano.
Mi soffermo su questo dato perché anche se tra due settimane dovesse prevalere Kemal Kilicdaroglu, dopo venti anni di dominio incontrastato della Fratellanza Musulmana per lui sarà praticamente impossibile resettare tutto e tornare indietro.
I posti che contano sono ormai da decenni nelle mani dei Fratelli Musulmani e questo ai turchi non dispiace. Non si faccia l’errore di pensare alla Turchia come ad un paese che ha dovuto digerire a forza le riforme islamiche e le “forzature” di Erdogan. I turchi lo hanno fatto senza fiatare più di tanto. Fino a poco tempo fa, prima di gravi errori finanziari, Erdogan viaggiava su consensi altissimi.
Quindi anche nella (molto) improbabile possibilità che tra due settimane Kemal Kilicdaroglu vinca il ballottaggio, non potrà (ammesso che lo voglia) abbattere il castello ideologico sul quale Erdogan ha costruito la “sua Turchia”.
I turchi li abbiamo persi tanto tempo fa, quando hanno accettato – anche di buon grado – la svolta islamica impressa da Erdogan. A prescindere da chi ci sia alla presidenza, tutto questo non potrà cambiare se non forse nel lunghissimo periodo quando probabilmente la Turchia sarà ancora da tutt’altra parte rispetto all’occidente.
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