Il Kurdistan costretto a cedere: indipendenza congelata e via a trattative

Il Governo del Kurdistan (KRG) sotto pressione militare e diplomatica, abbandonato praticamente da tutti meno che da Israele che però non è in grado (anche per ragioni geografiche) di aiutare militarmente gli amici curdi, è stato costretto a cedere alle pressioni e a mettere in attesa l’indipendenza sancita da referendum chiedendo nel contempo trattative con Baghdad.

«I combattimenti tra le due parti non produrranno una vittoria per nessuno e porteranno il Paese alla totale distruzione» si legge in una dichiarazione diffusa ieri sera dal Governo del Kurdistan che poi lancia una proposta in tre punti al Governo iracheno e alla diplomazia internazionale: (1) immediato cessate il fuoco (2) congelamento dei risultati del referendum (e quindi della dichiarazione di indipendenza (3) avviare il dialogo con il Governo federale di Baghdad basato sul sistema costituzionale iracheno.

«La situazione pericolosa e la tensione che stanno affrontando l’Iraq e il Kurdistan ci obbligano ad assumerci una la responsabilità storica e a non permettere che la situazione porti a ulteriori guerre e a confronti tra le forze irachene e le forze dei Peshmerga» si legge nella dichiarazione diffusa dal Governo del Kurdistan.

Il silenzio dei media sulla aggressione sciita al Kurdistan

A seguito del referendum tenutosi lo scorso 25 settembre quando il 92,7% dei partecipanti al voto scelsero per l’indipendenza del Kurdistan, la regione curda ha dovuto subire una vera e propria aggressione militare da parte dell’esercito iracheno sostenuto dalle milizie sciite eterodirette da Teheran (Hashd al-Shaabi). Nei giorni scorsi i combattimenti sono stati violentissimi mentre le milizie sciite hanno compiuto attacchi in tutto il Kurdistan costringendo con la violenza migliaia di persone a fuggire dalle proprie case. Ma stranamente i media non ne hanno quasi parlato. Eppure gli scontri sono stati davvero cruenti e le violenze delle milizie al soldo di Teheran nei confronti dei civili non sono state da meno di quelle commesse da ISIS. Forse che l’ennesimo tradimento della causa curda da parte della comunità internazionale, Stati Uniti in testa, doveva passare sotto silenzio tanto è stato vergognoso e indegno di coloro che si definiscono “democrazie”.

Ora si attende la risposta di Baghdad che chiaramente dovrà chiedere agli Ayatollah iraniani se accettare o meno il ramoscello d’ulivo lanciato dal Kurdistan oppure proseguire con l’aggressione militare. Si teme purtroppo che le milizie sciite di Hashd al-Shaabi non si fermeranno tanto facilmente.

Sadira Efseryan

Iraniana fuggita prima in Turchia, poi in Italia. Esperta dei paesi del Golfo Persico e delle dinamiche politiche dei paesi arabi. Laureata in scienze informatiche alla Iran University of Science and Technology

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