Può Israele fidarsi realisticamente di Donald Trump?

By Franco Londei - Editor

Amo troppo Israele per non pormi la domanda se lo Stato Ebraico possa o meno fidarsi di Donald Trump, specialmente dopo che il Presidente americano ha venduto l’Ucraina a Mosca ed è passato armi e bagagli dalla parte della Russia che, guarda il caso, è anche il maggiore alleato dell’Iran. Vediamo di analizzare la questione in termini realistici e senza condizionamenti ideologici partendo dagli obiettivi di guerra che Israele si era posto dopo il 7 ottobre (naturalmente è un sunto).

Nell’immediato l’obiettivo principale (e la promessa di Netanyahu agli israeliani) era la distruzione totale di Hamas. TOTALE e senza compromessi. Dopo diversi mesi, dopo aver raso al suolo la Striscia di Gaza, questo obiettivo non è stato raggiunto. Dopo la tregua imposta da Trump, Hamas è ancora padrone delle macerie di Gaza, detiene decine di ostaggi e spadroneggia gli aiuti umanitari. Non solo, invece di trattare la resa con Israele ora tratta direttamente con gli Stati Uniti saltando a piè pari i negoziatori israeliani (ma qui ci torneremo). Sostanzialmente questo obiettivo non è stato raggiunto a causa dell’intervento di Donald Trump.

Dall’8 ottobre, quindi nell’immediato, nella guerra tra Israele e Hamas si è aggiunto Hezbollah che ha iniziato a martellare quotidianamente il nord di Israele con i suoi tantissimi missili. Per farla breve, quando Israele ha deciso che era arrivato il momento di colpire Hezbollah lo ha colpito così forte che l’onda d’urto è arrivata in Siria e in Iran. Obiettivo quasi raggiunto perché anche in questo caso una tregua non proprio gratissima ha fatto in modo che Hezbollah, seppure duramente colpito, sopravvivesse.

In tutto questo turbinio Israele ha eliminato il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, mentre si trovava a Teheran protetto dalle Guardie Rivoluzionarie (grande smacco per l’Iran), ha ucciso il capo di Hezbollah, l’imprendibile Hassan Nasrallah, ha ucciso la mente della strage del 7 ottobre nonché capo militare di Hamas, Yahya Sinwar, ha eliminato generali iraniani della Forza Quds, più le leadership di Hamas e Hezbollah. Questo ha provocato la reazione dell’Iran che ha attaccato direttamente Israele per ben due volte, la prima volta il 13-14 aprile 2024 lanciando un attacco con oltre 300 tra droni e missili balistici, la seconda volta il 1º ottobre 2024 lanciando circa 200 missili balistici sul territorio israeliano. Israele ha risposto in tutte e due le volte bombardando direttamente il suolo iraniano e in particolare la seconda volta, colpendo a fondo le difese iraniane lasciando praticamente l’Iran senza difese. Era questo il momento di colpire?

Il Presidente negli Stati Uniti era ancora Joe Biden il quale, pur schierando portaerei e una forza d’attacco di tutto rispetto, non era d’accordo sul fatto che Israele finisse il lavoro. Le elezioni erano alle porte e Biden non voleva una crisi regionale in quel momento. E nemmeno Donald Trump la voleva, però si era sempre detto favorevole al bombardamento delle centrali atomiche iraniane. Così il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, decise di aspettare il più che probabile avvento di Trump per finire il lavoro con l’Iran.

Peccato che Donald Trump abbia cambiato completamente idea e, probabilmente in cerca del Nobel per la Pace, ha deciso che con l’Iran bisogna trattare imponendo a Israele l’ennesimo stop.

Certo, ha addolcito la pillola sbloccando la consegna delle bombe da 1.000 libbre che Biden aveva bloccato, inutili contro i bunker iraniani, ha promesso una vendita di armi a Israele per tre miliardi (VENDITA SI BADI BENE) e tanto altro. Ma l’Iran non si tocca.

Riassumiamo: per volere di Trump si è arrivati al cessate il fuoco con Hamas, cessate il fuoco che ha permesso ad Hamas di rimanere vivo e vegeto, in pieno recupero di mezzi e uomini mentre i suoi negoziatori trattano direttamente con quelli di Donald Trump. L’inviato statunitense per gli ostaggi, Adam Boehler, ha ammesso candidamente che la sua priorità è liberare l’ostaggio statunitense Edan Alexander oltre alla restituzione dei corpi di quattro israelo-americani morti.

Ma è qui che viene il bello. Dopo aver lanciato la demenziale proposta della “Gaza-Montecarlo” gli americani sembrano rendersi conto che non è così facile costringere 2,5 milioni di persone ad andare nel deserto egiziano, così trattano il ritiro di Hamas a lungo termine. Ripeto, A LUNGO TERMINE.

Parlando con Kan News, Boehler ha descritto quella che ha definito una “non cattiva” proposta di Hamas, che prevede una tregua con Israele di cinque-dieci anni, durante la quale il gruppo terroristico si disarmerebbe e rinuncerebbe al potere politico a Gaza.

Dice Boehler che Hamas “ha suggerito di scambiare tutti i prigionieri… e una tregua di cinque o dieci anni in cui Hamas avrebbe deposto tutte le armi e in cui gli Stati Uniti, così come altri paesi, avrebbero garantito che non ci fossero tunnel, che non ci fosse nulla da prendere sul fronte militare e che Hamas non fosse coinvolta nella politica futura” (fonte).

Dunque, via la “Gaza like Montecarlo” e avanti con la tregua di dieci anni durante i quali Hamas abbandonerà le armi e si costituirà, magari con un altro nome, in partito politico.

(Ri)Riassumiamo: Hamas vive, Hezbollah si riprende e vive, l’Iran arriva alla bomba mentre finge di trattare con Trump attraverso, indovina un po’, la Russia.

E Israele? Beh, Israele è sempre li senza mai arrivare a colpire il programma nucleare iraniano che, immaginiamo, come il sottomarino nucleare nordcoreano, evolverà velocemente con l’aiuto della Russia.

La Russia? Ecco dov’era finita, a trattare per gli Ayatollah, cioè per il loro primo e più grande alleato, quella stessa Russia che oggi sembra essere la maggiore alleata di Donald Trump.

Dunque, Donald Trump preferisce la Russia all’Ucraina e all’Europa, la Russia è la prima e maggiore alleata dell’Iran, l’Iran vuole l’atomica con cui distruggere Israele, Israele che non può chiedere i conti con Hamas, con Hezbollah e con l’Iran perché Donald Trump sogna il nobel per la pace.

Non solo, alla prima occasione (gli ostaggi americani) Donald Trump agisce alle spalle di Israele e dimostra che “America first” non è solo uno slogan.

Israele non è l’Ucraina, ha le spalle larghe ma, come quasi tutti in occidente (forse addirittura di più) dipende dalle armi americane. Pensate davvero che tutto questo sia gratis? Donald Trump non è mica Joe Biden.

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Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter