Israele è cambiato e noi ci arrendiamo

By Franco Londei - Editor

Ho passato una parte importante della mia vita a fianco di Israele, senza alcuna esitazione, senza mai tenere in considerazione chi ci fosse alla sua guida. Destra, sinistra, per me non è mai stato importante.

Ho lavorato con e per Israele fino a quando il mio fisico ha retto, poi aggredito dalla Sclerosi Multipla sono passato al sostegno sul web, sin dai suoi albori quando ancora cerano i forum e gli aggregatori di notizie (Kilombo, OK notizie, Radio Radicale ecc. ecc.).

In Israele ho trovato gli amici, quelli veri, collaboratori eccezionali, cure per la mia sclerosi multipla e, soprattutto, un paese che guardava avanti, riformista nel senso più puro della parola.

Non ho parlato di “difesa di Israele” perché Israele si difende benissimo da solo, ma di “sostegno a Israele”, un sostegno che negli anni è arrivato soprattutto attraverso una buona Hasbara, la diffusione di notizie veritiere e non inquinate da pregiudizi, editoriali e opinioni volte a spiegare con parole semplici all’occidente le ragioni di Israele. Oltre 14.000 articoli con il tag #Israele in 18 anni.

Con la mia organizzazione abbiamo sempre cercato di rimanere fuori dalla politica israeliana perché ci sembrava giusto così, sebbene a volte non fossimo d’accordo con le scelte del popolo israeliano. Ma, appunto, erano scelte libere di un popolo libero e per questo andavano rispettate.

Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Non nel nostro approccio al “sostegno” di Israele che è rimasto tale e quale, anzi, rafforzato dopo il pogrom e il massacro del 7 ottobre 2023, è cambiato l’approccio degli israeliani, degli ebrei o di chi si professa tale, con il resto del mondo e con le domande che il mondo stesso, noi compresi, si fanno.

Con l’avvento al potere dell’estrema destra messianica e con le evidenti difficoltà di Benjamin Netanyahu a fare a meno del loro supporto, difficoltà che lo hanno portato sull’orlo del ricatto spingendolo ad accettare compromessi che forse in altri momenti non avrebbe accettato, ci siamo resi conto che una buona fetta di coloro che sostenevamo convintamente si stava “radicalizzando”.

E lo era (radicalizzata) a tal punto da giustificare senza fare una piega le evidenti lacune politico-militari riguardanti l’invasione di Gaza, la sua distruzione e persino le migliaia di morti che immancabilmente ci sono stati (sulle colpe di Hamas ne abbiamo già scritto in diverse occasioni). Alcuni di questi “personaggi”sono arrivati al punto di approvare persino la demenziale proposta di Donald Trump di “trasferire” oltre due milioni di gazawi fuori dalla Striscia di Gaza e di trasformare la stessa nella “Montecarlo del Medio Oriente”. Che poi, diciamolo, più che la Montecarlo del Medio Oriente questa gente pensa di rioccupare permanentemente la Striscia di Gaza da destinare a migliaia di insediamenti.

Beh, non si può. Prima di tutto non è morale e non è in nessun modo giustificabile deportare (o costringere a fuggire) due milioni di persone da una terra che ormai è loro. Lo è meno ancora se a farlo è un popolo che certe cose le ha subite. Lo abbiamo detto e i commenti ma soprattutto i messaggi privati che ci sono arrivati sono a dir poco agghiaccianti. Persone e gruppi che credevamo “moderati” si sono rivelati tutt’altro che tali, anzi, parlare di fanatismo (anche religioso) non è affatto esagerato.

Non è questo l’Israele che per tanti anni abbiamo supportato. Non è l’Israele di Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich che intendiamo supportare. Non è l’Israele di questo Netanyahu più interessato a se stesso che al meglio per il suo popolo – ben diverso da quel Bibi che per tanti anni abbiamo sostenuto – che intendiamo appoggiare.

Non ci piace quello che sta diventando Israele, che non ha niente a che vedere con il suo diritto alla difesa e persino alla offesa (come nel caso dell’Iran). Non ci piace questa spinta alla teocrazia a danno della laicità.

Non abbiamo abbandonato il nostro sostegno a Israele, ne scriviamo quasi ogni giorno, abbiamo deciso però di limitare il tutto alla mera informazione. Niente opinioni, niente editoriali, niente critiche o spiegazioni. Quello che per noi era un piacere è diventato improvvisamente un peso. Gli insulti da hooligan che ci sono (e mi sono) piovuti addosso ci hanno onestamente ferito.

La scelta era tra criticare fermamente quello che di sbagliato vediamo in questo Israele, a partire da Netanyahu e dal suo governo di fascisti, oppure prenderci una pausa nella speranza che qualcosa cambi. In altri tempi avremmo (avrei) lottato, oggi invece scopriamo un mondo completamente sottosopra (a partire dal Medio Oriente) che merita certamente quella attenzione che fino ad oggi abbiamo dedicano quasi unicamente a Israele e al suo supporto.

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Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter