In Medio Oriente è sempre così. Gli arabi alzano la tensione fino a che il livello diventa insopportabile e tutto il mondo tace. Quando poi, giustamente, Israele reagisce succede il finimondo. E’ già successo diverse volte a Gaza con Hamas, per un paio di volte in Cisgiordania (intifada uno e due) e sta succedendo proprio in questi momenti ancora in Cisgiordania.
Da mesi i cosiddetti “moderati” di Al Fatah stanno facendo di tutto per scatenare una terza intifada e se fino ad oggi non ci sono riusciti e solo perché molti palestinesi sono francamente stufi di combattere per arricchire i loro capi e vorrebbero solo un po’ di pace. Ma la situazione sta degenerando e i violenti stanno prendendo il sopravvento su quelli che vogliono solo pace e prosperità, la minoranza ormai.
La terza intifada è alle porte e forse è già cominciata. Era quello che Abu Mazen andava cercando da mesi per poter sopravvivere, era quello che i duri e puri di Hamas cercavano, anche loro per poter sopravvivere. Sia Hamas che Fatah hanno bisogno come l’aria di un conflitto con Israele per poter tornare a essere il baricentro degli interessi in Medio Oriente dopo che l’ISIS e la Siria li hanno scalzati da questo ruolo centrale e che persino gli arabi si sono rotti le scatole di finanziarli.
Eppure non si può dire che Israele non abbia cercato in tutti i modi di evitare questa tragica escalation. Stava trattando con la parte politica di Hamas sulla ricostruzione di Gaza e persino sul portare il gas nella Striscia, aveva risposto sempre con “leggerezza” al continuo lancio di missili dalla Striscia verso Israele, risposte sempre mirate e senza provocare vittime. In Cisgiordania aveva evitato di cadere nelle ripetute trappole tese da Abu Mazen demandando sempre le diatribe agli organi ufficiali, anche a costo di essere penalizzato (come sempre). Ma tutto questo sembra non bastare, né ai palestinesi né tanto meno alla Comunità internazionale e ai media che, silenti come pesci, sorvolano allegramente sulla raffica di attentati ai danni di cittadini israeliani mentre soffiano sul fuoco della intifada non appena ne hanno l’occasione anche attraverso un sistema di false informazioni che farebbe rabbrividire la vecchia STASI della Germania Est.
Chi ha interesse a scatenare una terza intifada?
I primi ad avere interesse a scatenare una terza intifada sono gli iraniani che, come provato, da diversi mesi stanno infiltrando la Cisgiordania con il tacito assenso, quando non collaborazione vera e propria, di Al Fatah cioè del partito di Abu Mazen. Se Israele fosse impegnato in una terza intifada gli iraniani potrebbero lavorare tranquilli sul loro piano di prendere posizione sul Golan. Gli altri ad avere un interesse a scatenare una terza intifada sono i “moderati” di Fatah collegati ad Abu Mazen. Allarmati dal fatto che Israele stesse trattando con Hamas per una tregua di lungo periodo e per la ricostruzione di Gaza, non stavano solo perdendo un business miliardario ma se Israele avesse raggiunto un accordo con Hamas la loro inutilità sarebbe stata palese. Infine c’è l’ala militare di Hamas che si è sempre opposta a qualsiasi trattativa con Israele e punta a rinsaldare i legami con l’Iran invece che con l’Arabia Saudita.
Cosa può succedere ora?
Posto che ai palestinesi non interessa affatto creare uno Stato palestinese (lo hanno dimostrato in tutti i modi) quello che sembra essere il vero obbiettivo di chi vuole una terza intifada è impedire a Israele di agire contro l’Iran libero dal rischio del terrorismo palestinese, che poi era l’obbiettivo dei colloqui con Hamas e soprattutto con l’Arabia Saudita. Netanyahu, pur irrigidendo alcune misure, e sebbene bersaglio di molte critiche interne che vorrebbero una azione più decisa contro i palestinesi, non sembra interessato a esasperare ulteriormente la situazione valutando il “rischio Iran” molto maggiore del “rischio palestinese”. Il problema è che i due rischi si stanno fondendo tra di loro e questo forse nessuno se lo aspettava. Gli iraniani con l’aiuto di Abu Mazen hanno lavorato molto bene in Cisgiordania e hanno preso di sorpresa persino lo Shin Bet. Ora si tratta di fare piazza pulita delle infiltrazioni iraniane nella West Bank prima che queste riescano a far degenerare la situazione arrivando a una vera e propria terza intifada. Su questo devono lavorare moltissimo sia lo Shin Bet che il Mossad, magari con l’aiuto dei servizi giordani e sauditi. Ormai la Jihad Islamica, legata a doppio filo all’Iran, non è più solo a Gaza ma è presente in forze anche in Cisgiordania e condiziona e dirige la rivolta. Se Israele non riuscirà a fare tutto questo e a farlo in fretta la terza intifada potrebbe essere inevitabile con gravi conseguenze sulla guerra all’Iran, che al momento è senza dubbio la cosa più importante per Gerusalemme. Le soluzioni quindi sono due: o si stronca sul nascere la terza intifada usando tutti i mezzi appropriati e infischiandosene delle certe proteste dell’ipocrita occidente continuando nel frattempo i colloqui segreti con gli arabi, oppure si seguono le regole che la comunità internazionale vorrebbe applicate solo a Israele e si subisce per l’ennesima volta una rivolta palestinese eterodiretta però da Teheran. Non credo che la seconda soluzione sia accettabile e personalmente sono altresì convinta che, dichiarazioni ufficiali a parte, anche gli Stati arabi siano per la prima soluzione.
Netanyahu sta giocando una partita molto difficile e complessa e non credo che le critiche interne nei suoi confronti siano giuste. Il Premier israeliano vede nell’Iran il primo pericolo per Israele e cerca di avere le mani libere per poterlo contrastare in maniera adeguata. Lasciamolo lavorare.
Scritto da Maurizia De Groot Vos con il contributo di Paola P.