Per anni ci hanno raccontato che l’accordo sul nucleare iraniano avrebbe portato pace e prosperità nella regione, che avrebbe aiutato il popolo iraniano a uscire dalla povertà in quanto avrebbe creato milioni di posti di lavoro. Beh, sappiate che non è stato affatto così né per la regione né per il popolo iraniano.
I dati dell’economia iraniana
Noi siamo andati a vedere quali sono stati i benefici dell’accordo sul nucleare iraniano per la popolazione iraniana dato che tutti sembrano essere preoccupati solo delle conseguenze per i propri affari ma nessuno guarda a quello che succede in Iran e se veramente il popolo iraniano ha tratto vantaggio da questo “storico” accordo.
Prendendo gli indicatori economici divulgati da Tradingeconomic.com e cercando di esemplificare al massimo scopriamo così che tutti gli indicatori sono negativi e che negli ultimi anni sono peggiorati tranne quelli alla voce “spese militari” che invece sono lievitati.
Aumentato il debito pubblico anche se il rapporto deficit/PIL è migliorato, aumentata la disoccupazione in particolare quella giovanile, un tasso d’inflazione al 8,3% che uccide l’economia locale, tutto questo a fronte di un aumento delle esportazioni significativo e di un importante aumento degli investimenti stranieri anche se questi ultimi risultano in calo negli ultimi mesi a causa dei timori dell’uscita degli USA dall’accordo sul nucleare iraniano. Questo è il quadro generale (molto semplificato) dell’economia iraniana dopo l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto nel 2015.
La disoccupazione è addirittura in aumento, passata dal 11,7% dell’ultima verifica all’attuale 11,9% con quella giovanile che vola al 28,4%. (era al 27,3% all’ultima rilevazione).
Le spese militari
Una delle voci più significative della spesa pubblica iraniana è quella relativa alle spese militari lievitate anno dopo anno fino ad arrivare all’attuale cifra di 14,08 miliardi di dollari che su una spesa pubblica complessiva di 152000 miliardi di dollari potrebbe sembrare misero ma che vista la situazione non lo è. Che poi questa è la cifra ufficiale perché in aggiunta ci sono le spese militari non ufficiali, quelle cioè relative al sostegno ai vari gruppi terroristici che secondo le intelligence occidentali ammonterebbero a svariati miliardi di dollari.
In breve
Detto in breve, a fronte di un aumento significativo delle esportazioni, più che altro di greggio, di un significativo aumento degli investimenti stranieri nel Paese conseguenti all’accordo sul nucleare iraniano e alla conseguente fine delle sanzioni, non vi è stato per il popolo iraniano alcun beneficio. Gli unici a beneficiare della fine delle sanzioni all’Iran sono state le grandi industrie occidentali (non solo quelle petrolifere) e il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione che controlla tutta l’economia iraniana. Il popolo iraniano è addirittura più povero di com’era prima del 2015.
Perché raccontiamo tutto questo?
Raccontiamo tutto questo per spiegare che l’accordo sul nucleare iraniano non solo non ha portato pace e prosperità nella regione, anzi, ha favorito l’espansionismo iraniano destabilizzando il Medio Oriente, ma non ha portato alcun benefico nemmeno alla popolazione iraniana che infatti, nel silenzio più assoluto dei media, continua a protestare contro la politica del regime iraniano.
Il falso mito del “grande accordo”
Quindi il mito del “grande accordo” sul nucleare iraniano è un falso clamoroso. L’accordo siglato nel 2015 è stato sicuramente un affare per le aziende occidentali che infatti lo difendono a spada tratta, lo è stato per i pasdaran iraniani che hanno avuto a disposizione centinaia di miliardi di dollari da usare nelle varie guerre combattute dall’Iran e dai suoi proxy e che si sono arricchiti a dismisura alle spalle del popolo iraniano, ma non ha portato né pace nella regione né sollievo alla popolazione iraniana.
Se oggi l’Europa difende quell’assurdo accordo non lo fa né per la pace regionale, compromessa proprio a causa dell’accordo, né per garantire al popolo iraniano una vita migliore. Lo fa per difendere i propri affari anche a costo del rischio più che concreto che l’Iran si doti di armi nucleari.
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