Sinceramente è molto difficile capire la politica italiana in Libia. Anzi, è difficile capire se c’è ancora una politica italiana per la Libia.
Eppure dovrebbe essere una priorità assoluta, se non la vera priorità, vista l’importanza strategica che il paese nordafricano riveste per l’Italia, sia a livello economico che strategico.
Chi controlla la Libia non controlla solo uno dei più importanti fornitori di risorse energetiche per l’Italia, ma controlla anche i rubinetti dell’immigrazione. Lasciare tutto questo potere ad Erdogan appare quantomeno azzardato.
Capovolte le sorti della guerra
Questa settimana le forze militari del Governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj e sostenuto militarmente dalla Turchia, hanno conquistato importantissimi capisaldi fino ad ora in mano al Generale Khalifa Haftar, a sua volta sostenuto da Russia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto.
Le truppe del Governo libico internazionalmente riconosciuto hanno usato i droni turchi per distruggere i sistemi antiaerei di fabbricazione russa in mano al Generale Aftar. Dopo di che hanno (ri)catturato una importante base aerea a ovest di Tripoli, mentre giovedì hanno conquistato la piccola ma strategicamente importante città di Asaba, a 100 Km dalla capitale, mettendo in fuga e truppe di Aftar.
In una sola settimana l’intervento turco in Libia, il più massiccio dalla fine dell’impero ottomano, ha letteralmente capovolto le sorti di una guerra che fino a qualche giorno fa appariva saldamente in mano al Generale Aftar, tanto da costringere Putin a spostare alcuni aerei dalla Siria alla Libia.
Ieri il Ministero degli Esteri russo ha annunciato una telefonata tra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e la sua controparte turca Mevlut Cavusoglu, telefonata dalla quale è scaturita una richiesta di cessate il fuoco affinché possano riprendere i colloqui tra le parti in Libia, colloqui guidati dalle Nazioni Unite.
“Con l’intervento turco in Libia l’equilibrio militare è cambiato in modo significativo” ha detto ieri l’esperto tedesco Libram Wolfram Lacher.
Dov’è l’Italia?
In tutto questo turbinio di accadimenti, tra i quali anche la telefonata intercorsa tra il Presidente francese, Emmanuel Macron, e quello americano Donald Trump che chiedono la fine immediata degli interventi stranieri in libia, le frenetiche comunicazioni tra Mosca, Ankara, il Cairo e Abu Dhabi, l’unica totalmente assente è l’Italia.
È vero che Roma ufficialmente sostiene il Governo di Fayez al-Sarraj e quindi dovrebbe essere contenta di questa svolta, ma è altrettanto vero che l’aumento del potere turco in Libia vuol dire una marcata diminuzione dell’influenza italiana in Libia (quel poco che ne rimane) a favore di quella turca.
Come detto, non solo la strategia italiana non è affatto chiara, ma sarebbe importante capire se esiste una strategia italiana visto l’importanza ricoperta dalla Libia per il nostro Paese.
L’intervento turco in Libia ha sottratto all’Italia anche quel ruolo di negoziatore tra le parti che Roma sembrava ricoprire ancora fino a poco tempo fa. Siamo diventati totalmente ininfluenti in Libia quando invece dovrebbe essere una delle maggiori priorità della nostra politica estera.
È troppo chiedere al Ministro Di Maio di spiegarci cosa ha intenzione di fare? Se ha una idea su come fare per non lasciare agli altri la gestione della Libia e quindi delle sue risorse nonché il controllo dei flussi migratori? Possibile che in Italia non ci sia una sola forza politica che chieda conto al Ministro di questa assoluta mancanza di una politica per un Paese così importante per il nostro futuro?
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