Gli Stati Uniti sono fortemente preoccupati per la crisi dei migranti che sta mettendo seriamente a rischio la stabilità dell’Unione Europea. Lo hanno confessato alcuni funzionari americani alla AFP sottolineando le preoccupazioni del Presidente Obama in merito al “rischio esistenziale” rappresentato dalla crisi dei migranti per il progetto europeo.
«Questa crisi dei migranti è di gran lunga la peggiore crisi dalla fine della seconda guerra mondiale» ha detto Ryan Crocker, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Siria, Iraq e Libano. «Il rischio è che si sottovalutino le conseguenze sul progetto europeo che rischia di essere messo seriamente in pericolo». Il riferimento dell’ex diplomatico americano è chiaramente rivolto al ripristino di molte frontiere europee che minaccia il trattato di Schengen e quindi l’esistenza stessa dell’Unione Europea così come era stata concepita.
Il problema, come fa notare Eric Schwartz, un altro ex diplomatico americano, è che manca completamente una proposta volta a risolvere la crisi dei migranti che premono alle frontiere europee. L’attacco di Schwartz è rivolto in particolare a Obama, reo di non fare abbastanza per risolvere la situazione. «Non si può esercitare la leadership semplicemente dicendo che sei un leader. Per essere un leader credibile devi proporre soluzioni e gli Stati Uniti hanno il dovere morale di proporre soluzioni alla crisi dei migranti». Il riferimento di Eric Schwartz è alla annunciata disponibilità americana di accogliere 10.000 profughi siriani negli Stati Uniti, una goccia nel mare. Schwartz ritiene che gli USA debbano e possano fare molto di più anche perché la tenuta dell’Unione Europea è di fondamentale importanza strategica per gli Stati Uniti. Serve un piano di emergenza per i migranti e un piano a medio/lungo termine per risolvere le crisi regionali che hanno generato lo spostamento di grandi masse di migranti verso l’Unione Europea, piani che al momento mancano completamente.
Grecia al collasso. Rischi per l’Italia
La Grecia, cioè il punto effettivamente più debole dell’Europa, rischia seriamente il collasso se le frontiere a nord non verranno tempestivamente riaperte. Non solo, come avevamo avvisato nell’ottobre scorso, c’è il rischio concreto che a causa della chiusure delle frontiere a nord della Grecia si riapra la rotta albanese verso l’Italia il che comporterebbe un forte rischio per i migranti e gravi ripercussioni anche per l’Italia che tornerebbe a essere l’imbuto dove confluiscono le rotte dei migranti, quella dal nord Africa e quella dai Balcani. Grecia e Italia non possono oggettivamente continuare ad assorbire da sole l’onda d’urto generata da centinaia di migliaia di migranti. Anche in questo caso però la mancanza di un piano comune europeo non fa presagire nulla di buono né per la Grecia né per l’Italia.
A rischio l’Unione Europea
Come giustamente fa notare Ryan Crocker la sostanziale impossibilità della Comunità Internazionale nel trovare una soluzione comune abbinata alla mancanza di una vera leadership mondiale in grado di dare le linee guida per uscire dalla crisi sta mettendo in serio pericolo l’esistenza stessa dell’Unione Europea. La crisi dei migranti ha fatto esplodere tutte le contraddizioni europee facendo emergere quei nazionalismi spinti che credevamo ormai scomparsi o quantomeno sopiti. Il risultato è l’ormai evidente fine del trattato sulla libera circolazione, vera e propria icona rappresentativa dell’Unione Europea e unico vero traguardo raggiunto dalla UE. Non è una cosa da nulla perché senza il trattato sulla libera circolazione non si può più parlare di Unione Europea. La crisi dei migranti deve essere gestita il più presto possibile, sicuramente prima dell’estate. E quando parlo di “gestire” la crisi dei migranti intendo qualcosa di strutturale e di europeo. Non possono essere i singoli Stati a decidere come gestire la crisi ma deve essere tutta la comunità internazionale con il coinvolgimento sia delle grandi potenze che degli attori regionali prossimi alle aree di crisi, quindi la Turchia, la Libia, il Libano ecc. ecc. La soluzione migliore sarebbe di bloccare i flussi migratori in prossimità delle aree di crisi in modo che, una volta risolte le varie crisi, questa gente possa rientrare alle loro case. Farli venire tutti in Europa non è possibile perché oltre a non essere effettivamente sostenibile nei fatti esclude un rientro dei profughi alla loro terra di origine, punto che invece è fondamentale tanto da essere un punto cardine delle leggi internazionali sui richiedenti asilo nel momento in cui la protezione internazionale cessa di essere necessaria. Il problema è che in Europa troppo spesso si fa confusione con la protezione temporanea che in molti casi diventa permanente trasformandosi in vera e propria migrazione. Questo forse è uno dei punti cardini su cui l’Europa sta sbagliando nel momento in cui evita di specificare che l’assistenza ai profughi è temporanea e non permanente, cioè, nel momento in cui si evita di specificare che il richiedente asilo che ottiene protezione internazionale è tenuto a rientrare nella propria nazione una volta che per lui non ci sono più pericoli (la protezione internazionale cessa nel momento in cui siano venute meno le condizioni in seguito alle quali la persona abbia ottenuto il riconoscimento della qualifica di rifugiato). Un discorso completamente diverso va fatto invece per i migranti economici che ragionevolmente non possono essere accolti e assistiti in Europa. Anche su questo punto manca completamente una strategia volta al loro rimpatrio anche attraverso accordi con i Paesi di origine.
Concludendo, se non verrà presto fatto qualcosa di concreto l’Europa rischia di collassare sotto il peso della crisi dei migranti, questo è un rischio che dobbiamo avere ben chiaro e soprattutto i politici europei non possono più rinviare le decisioni necessarie alla soluzione di questa vera e propria crisi continentale. Il tempo delle parole è finito da un pezzo, è ora di prendere le decisioni necessarie se si vuole salvare l’Unione Europea.
Scritto da Adrian Niscemi
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