COVID in Israele: ecco i veri numeri (per Salvini e “numerologi” del virus)

In queste ore si sente di tutto e di più sulla situazione del COVID in Israele. Il motivo è che molto spesso lo Stato Ebraico viene preso ad esempio su come si combatte il virus.

L’altro giorno Matteo Salvini per sostenere le sue tesi sulla inutilità del Green Pass è arrivato a dire che in Israele il 90% della popolazione sarebbe vaccinata e che nonostante questi numeri il virus continua a contagiare.

Allora vediamo i veri numeri sulle vaccinazioni in Israele e sul perché la pandemia continua a mietere vittime.

Secondo il Johns Hopkins Coronavirus Resource Center che prende i numeri dal Ministero della salute israeliano, i vaccinati con due dosi in Israele sono 5.547.652 che equivalgono al 61,28% della popolazione, ben lontani quindi da quel 90% di cui parlava il leader della Lega.

Quindi un buona parte della popolazione israeliana non è vaccinata o è vaccinata con una sola dose (il 68,8% della popolazione) ed ecco spiegata la crescita di casi positivi a cui si è assistito negli ultimi giorni.

Tra coloro che rifiutano il vaccino in Israele troviamo i religiosi ultra-ortodossi e gli arabo-israeliani i quali per convinzione religiosa o per altro preferiscono contrarre il virus andando ad intasare i reparti di cure intensive.

Il vaccino è meno efficace di quanto si pensasse

A questo quadro non proprio rassicurante va aggiunto il fatto che dopo anni di pandemia possiamo affermare con certezza che il vaccino contro il COVID è meno efficace di quello che si pensasse.

Per esempio, studi israeliani hanno stabilito che il vaccino prodotto dalla Pfizer, il più usato in Israele, dopo pochi mesi protegge molto di meno, passando da oltre il 90% di copertura appena fatto al 30-40% di copertura a sei mesi dalla iniezione (dati riferiti alla variante Delta).

Quindi, l’esplosione di nuovi casi di COVID in Israele è dovuta ad una combinazione di fattori che sono: una bassa vaccinazione complessiva, l’altissima contagiosità della variante Delta associata ad una minore protezione del vaccino Pfizer.

La terza dose

La soluzione a tutti i problemi starebbe quindi nella inoculazione di una terza dose (o richiamo) che riporterebbe la protezione dal contagio a percentuali superiori al 90%.

Uno studio condotto in Israele dimostrebbe che il richiamo attiverebbe gli anticorpi anche per un periodo superiore ai sei mesi ormai stabiliti per il vaccino inoculato in due dosi. Tuttavia non ci sono certezze perché per il momento i casi studiati non sono sufficienti a dare dati certi.

Concludendo, mentre Israele viene spesso citato ad esempio nella lotta al COVID, in realtà ha una percentuale di popolazione completamente vaccina non così alta come vuole la credenza popolare. In ogni caso, qui trovate tutti i dati aggiornati sulla pandemia in Israele.

Franco Londei

Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter

Seguici su…

Sostienici

Sostieni Rights Reporter con una piccola donazione

Go toTop