Soft power, un termine ben descritto da Wikipedia, è «l’abilità di un potere politico di persuadere, convincere, attrarre e cooptare, tramite risorse intangibili quali cultura, valori e istituzioni della politica».
Partiamo da questa definizione per descrivere il soft power turco che Recep Tayyip Erdogan sta abilmente costruendo sotto gli occhi dell’occidente usando come mezzo principale la costruzione di grandi moschee abbinata ad una attenta politica di proselitismo favorita da una stretta collaborazione con ONG islamiche e associazioni islamiche solo in apparenza dedite al sostegno ai più poveri.
Solo nel settembre scorso parlavamo della inaugurazione della grande moschea di Colonia, in Germania, interamente finanziata dalla Turchia. Ora ci rendiamo conto che in effetti quella di Erdogan è una politica globale volta a rafforzare il soft power turco attraverso la costruzione di grandi moschee abbinata ad azioni “umanitarie” e non solo quindi indirizzata all’occidente.
L’ultimo “capolavoro” turco è la grande moschea di Tirana, in Albania, la più grande moschea di tutti i Balcani costruita a due passi dal Parlamento albanese su una superficie di 32.000 metri quadrati che con i suoi minareti copre addirittura la vista del Parlamento albanese.
Quella di Tirana è solo l’ultima delle tantissime moschee costruite dalla Turchia per rafforzare il soft power turco in tutto il mondo.
Per esempio c’è quella di Accra, in Ghana, che è la più grande dell’Africa occidentale. Poi c’è quella costruita sempre dalla Turchia a Bishkek, in Kirghizistan, che è la più grande dell’Asia centrale. Quella che i turchi stanno costruendo in Maryland, negli Stati Uniti, si dice che sia la più grande del suo genere in tutto l’emisfero occidentale.
Ma sono oltre 2.000 le moschee che la Turchia sta costruendo in tutto il mondo.
I sermoni dettati da Ankara
Ma cosa hanno in comune tutte queste moschee oltre al fatto di essere costruite dalla Turchia? Beh, hanno una cosa di non poco conto: i sermoni scritti da Ankara.
Come avviene per le moschee in Turchia dove i sermoni vengono scritti dal regime, anche nelle moschee costruite in tutto il mondo dal Ankara i sermoni sono gli stessi che gli imam pronunciano in Turchia. Sono cioè dettati dal regime e quindi diventano un’arma politica potentissima.
Nei fatti quella turca è in assoluto la più grande operazione di politica islamica del mondo. Attraverso le moschee viene quindi divulgata la politica di Erdogan, il tutto ben mascherato dalle parole del Profeta. È il concentrato perfetto della definizione di “soft power” descritto all’inizio.
Ma per l’occidente è tutto normale. È normale che Erdogan, il quale aspira ad essere la guida della Fratellanza Musulmana, usi le moschee non solo per fare proselitismo ma anche e soprattutto per diffondere il suo credo politico mirato a costruire un califfato globale. È normale che le ONG turche, quali la famigerata IHH, usino la cosiddetta “carità islamica” per attrarre adepti alla causa del grande califfato e che proprio attraverso le moschee costruite dalla Turchia siano messe nelle condizioni di poterlo fare con estrema semplicità.
Purtroppo non c’è niente di “normale” in tutto quello che sta facendo Erdogan in giro per il mondo (previste grandi moschee persino in Venezuela e a Cuba), anzi, prima ci si rende conto della pericolosità di questo “piano turco” e meglio sarà per tutti. Peccato che da questo orecchio né l’Europa né il cosiddetto “occidente” sembrano sentirci bene.
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