È ora di finirla con l’abracadabra dei “due stati per due popoli”

By Franco Londei - Editor

Avete mai sentito un palestinese parlare della formula “due stati per due popoli”? Magari qualcuno ce ne sarà in qualche meandro di Gaza o della Cisgiordania, ma a me non è mai capitato. Chiedono la nascita della Palestina, ma non usano mai quella formuletta tanto cara ai beoti occidentali.

Trovare un palestinese che chiede “due stati per due popoli” è come trovare un ago in un pagliaio, peggio, è come trovare un gruppo di opposizione palestinese ad Hamas, o alla Jihad Islamica o persino a Fatah. È impossibile, non ce ne sono. E se non esistono un motivo ci sarà.

Più facile, molto più facile, trovare chi vuole una Palestina “dal fiume al mare”. Ecco perché è sostanzialmente impossibile distruggere Hamas come aveva dichiarato Benjamin Netanyahu subito dopo il massacro del 7 ottobre. I palestinesi sono Hamas, tutti, con poche rare distinzioni sia a Gaza che in Cisgiordania.

Chi continua a chiedere “due stati per due popoli” o non ha capito niente dei palestinesi, oppure è in malafede e usa questa formula per intendere uno stato palestinese dal fiume al mare, cioè senza Israele.

In queste ultime ore ho letto decine di analisi sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas entrato in vigore domenica mattina e che ha prodotto la liberazione di tre ostaggi. Quasi tutti convengono che questo cessate il fuoco sia un regalo ad Hamas.

Ran Baratz, che insegna dottrina militare al National Defense College dell’IDF e ha fondato Mida, una rivista online in lingua ebraica, sintetizza benissimo il pensiero diffuso in Israele:

«io e molti altri cittadini israeliani vediamo il costo in vite umane, il costo del finanziamento della guerra, che è enorme, il costo per le riserve [dell’IDF] – 100.000 persone che lasciano le loro attività, lasciano il loro lavoro – e non si ha un risultato decisivo. Dal nostro punto di vista, la realtà è ben lontana da ciò che vorremmo vedere».

Nei commenti e nelle analisi ho letto sconcerto e delusione, sebbene mitigati dalla prospettiva di recuperare gli ostaggi ancora vivi. Gli unici ottimisti sono i molti occidentali che in questo cessate il fuoco vedono la fine della guerra e l’inizio del tanto agognato percorso verso i due stati.

Quale percorso? Mentre Hamas si mostrava di nuovo al mondo ed esponeva le tre ragazze ostaggio come un trofeo, tutto attorno si poteva udire «morte a Israele» è canti di elogio per i terroristi e per il massacro del 7 ottobre.

Eccoli i vostri “innocenti palestinesi” che invece di maledire Hamas, unico responsabile della guerra, lo porta in trionfo. È con questi che Israele dovrebbe vivere fianco a fianco “in pace” in quel abracadabra dei “due stati per due popoli”?

E poi mancano fondamentalmente due cose: manca un popolo, quello arabo, e manca la volontà da ambo le parti di far nascere uno Stato palestinese. I palestinesi non lo vogliono perché ormai sono drogati dagli aiuti. Vivono di aiuti e vittimismo. Forse è per questo che hanno tutto questo tempo per odiare Israele. Gli israeliani non lo vogliono perché hanno capito che la formula “in pace uno a fianco all’altro” con i palestinesi non può funzionare.

E allora di cosa stanno parlando quelli che chiedono la pace? La pace con chi? Di cosa parlano quelli che chiedono due stati per due popoli che vivono in pace uno a fianco dell’altro? Del nulla. Parlano del nulla, di qualcosa di utopico.

Il mondo ha gestito decine di grandi migrazioni e gli arabi non vi hanno mai partecipato, nemmeno quando riguardava loro fratelli come in Siria o in Sudan. Bene, ora hanno la possibilità di redimersi e di dare qualcosa ai palestinesi che non siano missili e mitra. Il mondo arabo si prenda in carico i palestinesi e pensi a eliminare Hamas e tutto il marciume che contamina questa gente. Lo Stato palestinese non esisterà mai.

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Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter