ONG e Hamas, un connubio tanto incredibile quanto reale. Fino ad oggi sono state le ONG straniere e le organizzazione dell’Onu a garantire la sopravvivenza di Hamas diventando persino i suoi esattori o permettendo ai terroristi di usare le loro strutture come deposito di missili o come piattaforme di lancio per i missili stessi. Oggi Hamas cerca addirittura di alzare il tiro e lancia una vera e propria campagna per il reclutamento di cooperanti stranieri mirato a compromettere la capacità difensiva di Israele.
“L’esito della nostra battaglia dipende da voi” è la frase coniata da Eletronic Intifada per lanciare la campagna di reclutamento che non necessariamente prevede il trasferimento a Gaza ma che, anzi, chiede alle varie organizzazioni di agire a tutti i livelli contro Israele anche dai loro Stati di origine attraverso le più disparate campagne che vanno dal boicottaggio dei prodotti israeliani fino alla pressione sui Governi per imporre il congelamento degli aiuti militari a Israele e persino al congelamento dei rapporti di libero scambio con lo Stato Ebraico.
Il messaggio che si vuole lanciare è il solito, cioè che i terroristi di Hamas sono i buoni e che hanno tutto il diritto di porsi come obbiettivo l’uccisione di cittadini israeliani e, in ultimo, la distruzione di Israele, mentre Israele è lo stato cattivo, quello che non ha alcun diritto alla autodifesa. Non è un caso che la nuova campagna punti molti di più a bloccare gli aiuti militari allo Stato Ebraico piuttosto che a boicottarne il commercio, azione che per altro non ha mai avuto un particolare successo e che anzi ha provocato problemi proprio ai palestinesi della Cisgiordania.
Questa nuova campagna lanciata dalla “intelligentia” di Hamas e dai loro sostenitori occidentali, pur basandosi sugli stessi capisaldi del passato, cioè sulle cosiddette “organizzazioni umanitarie” che poi umanitarie non lo sono affatto, è più subdola di quelle del passato perché non punta a colpire l’economia israeliana ma punta direttamente a minarne le capacità difensive. E’ la prima volta nella storia che si cerca di coinvolgere la cosiddetta “società civile” non per colpire le capacità offensive di uno Stato ma per comprometterne le capacità difensive. Sotto certi aspetti è persino rivoluzionaria, il tentativo di fare un salto di qualità sia nel portare il boicottaggio ai prodotti israeliani da circoscritto a globale che nel bloccare la capacità difensiva di Israele.
La rete dei sostenitori di Hamas, quelli che incredibilmente si definiscono “difensori dei Diritti Umani” è già in fermento. Manifestazioni sono previste in Germania per protestare contro la consegna di un sottomarino allo Stato Ebraico di Israele avvenuta pochi giorni fa. Altre manifestazioni sono state programmate negli Stati Uniti, in Canada e in Australia nei luoghi cioè dove vengono prodotti i componenti del sistema Iron Dome, cioè del sistema difensivo per eccellenza. Su un forum chiuso frequentato da estremisti sostenitori di Hamas (forum che seguiamo da tempo ma del quale non forniamo il link perché ci serve riuscire a seguirlo) si indica addirittura come “obbiettivo primario” fermare la produzione di Iron Dome.
E’ una nuova fase del boicottaggio a Israele che vede come obbiettivo primario quello di colpire la capacità difensiva dello Stato Ebraico. Di solito le campagne contro le armi tendono a bloccare la fornitura di armi offensive. E’ la prima volta che si vuole bloccare un sistema d’arma completamente difensivo, il che la dice lunga sulle reali intenzioni di questi pseudo “difensori dei Diritti Umani”.
[glyphicon type=”user”] Scritto da Noemi Cabitza
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