Israele – Palestina: nessuna possibilità di pace. Prendiamone atto

2 Maggio 2013

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E’ arrivato il momento di parlare chiaro e di superare la retorica della pace a tutti i costi tra Israele e Palestina. Nessuno da parte araba vuole veramente la pace con Israele. Ogni volta che gli israeliani concedono qualcosa ai palestinesi questi alzano la posta. E’ un circolo vizioso senza fine al quale va imposto uno stop.

Lo ha capito da tempo il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, tanto da arrivare a sovvertire il concetto di “terra in cambio di pace”, chiaramente fallito come dimostra Gaza, con il concetto di “pace in cambio di pace”. Tutto il resto viene dopo.

Per capire che a queste condizioni non c’è alcuna possibilità di pace basta ripercorrere gli eventi degli ultimi giorni. Tutti gli sforzi fatti dal Segretario di Stato americano, John Kerry, di avvicinare le posizioni israeliane a quelle palestinesi si sono infrante contro il muro di ricatti innalzato dagli arabi. Kerry ha ottenuto da Netanyahu la promessa del congelamento di 10 insediamenti in cambio di segnali positivi provenienti dalla Lega Araba e dalla Autorità Nazionale Palestinese. Ma questi segnali non sono arrivati, anzi, la Lega Araba ha ribadito i concetti che fino ad oggi hanno bloccato qualsiasi trattativa tra israeliani e palestinesi, cioè il ritiro di Israele entro i confini del 1967 e l’eventuale normalizzazione delle relazioni con Israele (non il riconoscimento) solo a seguito della concessione di tutte le richieste palestinesi che oltre al ritiro nei confini pre-1967 sono il rientro di 4,5 milioni di cosiddetti rifugiati (che poi non lo sono affatto), l’abbattimento del muro difensivo, l’abbandono delle colonie e, soprattutto, di Gerusalemme Est. Insomma, non c’è alcuna trattativa, Israele dovrebbe semplicemente cedere a tutti i ricatti arabi in cambio di una pace che probabilmente non ci sarà mai, vista anche la nuova conformazione del Medio Oriente uscita dalle cosiddette “primavere arabe” con interi Stati in mano alla Fratellanza Musulmana.

La realtà è che a nessun stato arabo interessa fare una qualsiasi concessione che faccia pensare a un avvicinamento a Israele, questo semplicemente perché le masse arabe non voglio Israele. Anzi, in molti Stati della Lega Araba ci sarebbe una vera e propria insurrezione se solo i governanti provassero a concludere un qualsiasi accordo che preveda una seppur minima normalizzazione dei rapporti con Israele.

Se accettiamo questa realtà, e credo che sia arrivato il momento di accettarla, abbiamo solo due possibilità davanti a noi: quella di cedere ai ricatti arabi e rassegnarci alla inesorabile fine di Israele oppure quella di appoggiare in toto la linea di Netanyahu dove a venire prima di tutto sono Israele e gli israeliani, tutto il resto viene dopo.

Storicamente parlando abbiamo visto che ogni volta che Israele ha ceduto ai ricatti arabi credendo di avere in cambio la pace, ha ottenuto solo altra violenza e altri morti. Gaza è l’esempio lampante del fallimento dell’equazione “terra in cambio di pace”. Il ritiro dalla Striscia di Gaza, non privo di enormi sacrifici, non ha portato pace, ma in compenso ha portato più violenza, ha portato guerra, i missili quotidiani sul Sud di Israele (ripresi a cadere negli ultimi giorni con cadenza quotidiana senza che nessuno faccia un fiato) e una serie infinita di problemi.

Quindi è ora di cambiare il tipo di approccio al problema e di sovvertire i fattori. Niente più pace in cambio di terra, ma pace in cambio di pace o guerra in cambio di guerra. Il riconoscimento di Israele da parte degli Stati arabi non deve essere una conseguenza del cedimento ai loro ricatti, ma deve essere una condizione di partenza, la prima condizione. E’ paradossale che qualcuno pretenda che Israele debba subire i ricatti arabi dopo che gli stessi arabi lo hanno attaccato e sono stati sconfitti. E’ il capovolgimento delle più elementari regole diplomatiche. E’ come se la Germania alla fine della seconda guerra mondiale avesse voluto imporre le sue condizioni agli alleati. Se Israele avesse applicato questa norma elementare in passato, invece di sottostare ai ricatti arabi in cambio di una pace impossibile, a quest’ora avrebbe il Sinai, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e il sud del Libano. Quindi nessuno può dire che Israele non ha fatto concessioni credendo che avrebbe avuto pace in cambio di terra.

Mettiamoci quindi in testa che gli arabi non riconosceranno mai Israele, a nessuna condizione. Tanto vale allora convivere con questa innegabile realtà e agire di conseguenza imponendo la pace, anche con l’uso della forza, pensando prima agli interessi israeliani. Tutto il resto è solo una fantasiosa retorica.

Miriam Bolaffi

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