Una inchiesta condotta da Yedioth Ahronoth e pubblicata questa mattina anche sul suo sito web (in coda trovate il link) ci offre uno spaccato dell’infanzia palestinese che dovrebbe far parecchio riflettere chi ancora considera la dirigenza palestinese un “partner per la pace”. Bambini piccolissimi che invece di andare a scuola vengono indottrinati all’odio verso gli ebrei e che partecipano alle rivolte e agli attentati, il tutto nel completo silenzio delle cosiddette ONG in difesa dei Diritti dei bambini, a partire da UNICEF e compagnia bella.
[quote_center]“La pace arriverà quando gli arabi ameranno più i loro bambini di quanto odino noi. (Golda Meir)”[/quote_center]
La citazione di Golda Meir calza a pennello con quanto emerge dalla inchiesta condotta da Yedioth Ahronoth. Fa rabbrividire quello che si legge. Bambini tra gli 8 e i 13 anni che invece di andare a scuola si mettono una maschera e partecipano alle sommosse. «Siamo disposti a morire come martiri, non abbiamo nulla da perdere» dice uno di questi bambini all’inviato del quotidiano israeliano. «Le nostre menti non sono rivolte allo studio, ma sempre a progettare come fare qualcosa contro la polizia israeliana» dice un altro. «Stiamo protestando e lanciando sassi in risposta ai martiri uccisi e per quello che sta accadendo alla moschea di Al-Aqsa» afferma un altro riferendosi alla uccisione dei terroristi che la scorsa settimana hanno insanguinato Israele e alla fantomatica usurpazione dei luoghi santi musulmani a partire proprio dalla moschea di Al-Aqsa.
Bambini piccolissimi letteralmente indottrinati all’odio dai loro genitori e dalla dirigenza palestinese, lasciati all’abbandono da quelle organizzazioni internazionali che dicono di voler difendere i loro Diritti e poi permettono che tutto ciò accada senza battere ciglio. E il quadro preciso di come questi bambini vengano indottrinati ce lo fornisce il bambino che afferma: «oggi non sono andato a scuola perché voglio continuare la nostra resistenza come risposta all’omicidio del martire Ibrahim al-Akari e tutti gli altri martiri». Per intenderci, Ibrahim al-Akari è il palestinese che con la sua macchina ha ucciso una bambina di tre mesi, una giovane ragazza e ha ferito una decina di inermi cittadini israeliani il quale è stato persino glorificato dalla Al-Quds University con i soldi donati dalle Nazioni Unite e dalla Unione Europea. Il terrorista che diventa l’idolo dei bambini. E’ un incubo assurdo, qualcosa che va oltre persino all’indottrinamento perché plasma quella generazione che, secondo i potenti del mondo, dovrebbe essere quella che un domani vivrà in pace a fianco di Israele. Come si può pensare che tutto ciò avvenga quando bimbi tra gli 8 e i 13 anni bramano di diventare martiri e di ammazzare ebrei? Questi bambini dovrebbero essere a scuola a studiare la storia (quella vera, non quella imposta dalla OLP), questi bambini dovrebbero essere il futuro della Palestina. Ma quale futuro ci può essere a queste condizioni. Intere generazioni votate al martirio e plasmate dalle bugie della dirigenza palestinese.
E torna di nuova alla mente la citazione di Golda Meir, profetica quanto inascoltata, soprattutto da quelle organizzazioni che sostengono di difendere i Diritti dei bambini e poi tacciono spudoratamente di fronte a questo vero e proprio reclutamento di terroristi in erba, a questo indottrinamento che non fa altro che aumentare la spirale di odio. Nelle scuole israeliane non si insegna l’odio contro gli arabi, in nessuna scuola. E questa è un’altra grossa differenza tra Israele e mondo arabo. In Israele si cerca di costruire il futuro, in Palestina lo si vuole distruggere. Prima di parlare di pace, di qualsiasi pace, occorre risolvere questo problema, altro che pensare ai confini e alla costruzione di insediamenti.
[glyphicon type=”user”] Scritto da Noemi Cabitza
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