Hamas: la nomina di Yahya Sanwar è un passo verso l’Iran e la guerra

La scelta di Hamas di nominare al proprio vertice il terrorista radicale Yahya Sanwar non è stata casuale. Nessuno si aspettava quel nome e addirittura i più ottimisti speravano che Hamas potesse scegliersi un leader che uscisse dalla logica della guerra a tutti i costi con Israele. Si è andati invece sulla strada diametralmente opposta, quella del conflitto armato e del conseguente avvicinamento all’Iran.

Contrariamente a quanto da più parti affermato, Yahya Sanwar è uno dei più ferventi sostenitori di un avvicinamento di Hamas a Teheran e non allo Stato Islamico. E’ vero che strategicamente e per convenienza approva la collaborazione di Hamas con Ansar Bait al-Maqdis, il gruppo terrorista legato allo Stato Islamico che opera nel Sinai, ma tale collaborazione è unicamente funzionale all’apertura di un nuovo fronte sul Sinai e ad aprire una via che permetta l’ingresso di armi a Gaza. Per il resto la strategia a lungo termine di Yahya Sanwar è volta a riallacciare l’alleanza strategica con l’Iran dopo lo strappo dovuto alla guerra in Siria.

Per capire la strategia che Yahya Sanwar imporrà ad Hamas bisogna partire dai suoi rapporti con Mohammed Deif, capo indiscusso dell’ala militare del gruppo terrorista palestinese. Mohammed Deif è uno dei più ferventi fautori della strategia della tensione e della Jihad globale contro Israele, una linea totalmente abbracciata dal nuovo capo di Hamas. In sostanza stiamo parlando di quella linea che vede le esigenze militari di Hamas poste al di sopra di qualsiasi altra esigenza, a partire da quelle della popolazione. Quindi quello che si teme è che da ora in poi tutte le risorse a disposizione di Hamas verranno dirottate nell’acquisto di armi e nella costruzione dei tunnel del terrore. Se fino a ieri uno dei più importanti diplomatici del Qatar ci sorprendeva con dichiarazioni di apertura verso Israele e con progetti di sviluppo per Gaza, oggi quelle dichiarazioni appaiono lontanissime in quanto prevedevano che alla guida di Hamas venisse posta una figura dialogante e non un terrorista conclamato. Con la sua scelta Hamas è riuscito a spiazzare anche il Qatar, che pure non è facile da sorprendere quando si parla di terrorismo islamico.

La strategia di Yahya Sanwar

Il primo obiettivo di Yahya Sanwar sarà quindi quello di aumentare (con una certa velocità) le capacità militari di Hamas. Questo comporta prima di tutto riallacciare i rapporti con l’unica grande potenza regionale disposta a fornire armi ad Hamas senza pretendere in cambio condizioni o pagamenti, l’Iran. Sanwar sa che una alleanza con lo Stato Islamico porrebbe Hamas in cima alla lista delle organizzazioni terroristiche e metterebbe in difficoltà anche i più ferventi odiatori di Israele, mentre una alleanza strategica con Teheran manterrebbe Hamas in quel “settore” (più comodo) che in molti individuano con il termine di “resistenza”. A Yahya Sanwar non interessa una escalation immediata perché sa che ancora Hamas non è pronto per un nuovo conflitto con Israele, a lui interessa organizzare la prossima guerra con lo Stato Ebraico nel miglior modo possibile, senza fretta. Il primo obiettivo sarà quindi quello rifornirsi di armi, possibilmente avanzate e in grado di colpire tutto il territorio israeliano. Per arrivarci il nuovo capo di Hamas può farlo attraverso il Sinai usando l’alleanza strategica con Ansar Bait al-Maqdis, oppure attraverso altre vie sfruttando la disponibilità degli Hezbollah libanesi. Il secondo obiettivo, ma non meno importante del primo, è quello di portare avanti celermente la costruzione dei tunnel del terrore prima che Israele finisca la sua barriera difensiva lungo il confine di Gaza. Questo comporta la “distrazione” di risorse dalla ricostruzione di Gaza, cosa che chiaramente al nuovo capo di Hamas interessa pochissimo ma che dovrebbe interessare molto i tanti finanziatori della ricostruzione, che però sono stranamente silenti su questa bruttissima evoluzione a Gaza. Ora, per fare tutto questo Yahya Sanwar sa di non poter contare più sull’aiuto di molti Paesi Paesi arabi, quindi l’unica strada percorribile per lui è quella che porta a Teheran.

Lo strano silenzio dell’Europa

Su tutto questo scenario pesa come un macigno il totale silenzio dell’Europa in merito alla nomina (non elezione, che è cosa diversa) di Yahya Sanwar alla guida di Hamas. Da una Mogherini che non perde occasione per mettere becco nelle faccende israeliane e su tutto quello che “allontana la pace” ci si aspettava una durissima reazione in merito a questa nomina che va verso la guerra. Invece è il silenzio più assoluto, come se fosse normale che chi comanda nella Striscia di Gaza lavori per una guerra con Israele. Ma d’altra parte cosa ci si può aspettare da chi definiva i missili di Hezbollah dei “razzi dimostrativi” (anche se ha furbescamente tentato di nascondere quella scomoda dichiarazione)?

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Maurizia De Groot Vos

Italo-Israeliana, Analista senior per il Medio Oriente ed Eurasia. Detesta i social ma li ritiene un male necessario. Vive a Bruxelles

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