Esclusivo: ONG e la macchina dell’odio antisemita. Contro Israele la “strategia di Durban”

23 Dicembre 2014

Nei giorni scorsi siamo tornati a parlare con diversi cooperanti di alcune ONG che operano in West Bank e a Gaza dopo che nello scorso mese di luglio avevamo approfondito il discorso sulla differenza tra “ONG vere” e odiatori di professione che operano in Palestina. Lo abbiamo fatto perché l’assalto diplomatico e mediatico contro Israele non è mai stato così forte e ne volevamo capire i motivi dato che proprio la cosiddetta “società civile” è una parte fondamentale di questo assalto.

Già in occasione del colloquio di luglio avevamo evidenziato come chi veramente lavora per la pace non ama molto quelle ONG come la ISM (International Solidarity Movement) e altre simili che non hanno realmente alcun progetto di sviluppo della Palestina ma hanno solo progetti volti a incrementare l’odio tra israeliani e palestinesi, e questo nonostante ricevano cospicui aiuti anche e soprattutto dall’Unione Europea. Apprendiamo così che alla base di tutto c’è una vera e propria strategia concordata tra le “ONG spazzatura”, un piano ben congeniato chiamato “strategia di Durban”.

A capire cosa sia la strategia di Durban giunge in nostro aiuto Ngo Monitor, una organizzazione che da anni monitora le attività delle Organizzazioni non Governative in Palestina. In particolare lo fanno attraverso le parole di Gerald M. Steinberg, già direttore del Program on Conflict Management and Negotiation presso la Bar-Ilan University ed editore di ngomonitor.org.

La strategia di Durban

Secondo Gerald M. Steinberg non vi è nulla di casuale nella strategia di Durban ma c’è un vero e proprio patto scellerato tra diversi attori della società civile, alcuni anche di importanza mondiale, come per esempio Amnesty International, Human Rights Watch e persino alcune agenzie delle Nazioni Unite. L’obbiettivo principale è quello di denigrare Israele e di farlo passare come un “nuovo Sud Africa”, ma anche quello di dare credito a menzogne storiche e di renderle così reali (una bugia ripetuta tante volte diventa verità). La strategia di Durban partì nel 2002 subito dopo l’inizio della “operazione scudo difensivo” e fu inaugurata dalle menzogne di Saeb Erekat sul supposto “massacro di Jenin”un massacro che non ci fu ma che invece venne ripreso come “verità conclamata” dai maggiori media internazionali. Quella fu la prima vera prova generale di quella che poi sarebbe diventata una vera e propria strategia politico-militare adottata dalle ONG, dalla OLP e da Hamas, appunto la strategia di Durban. Da quella prima “prova generale” scaturirono decine e decine di nuove menzogne molte delle quali volte a dipingere Israele come uno Stato di apartheid. Menzogne sul muro difensivo, sulla discriminazione verso i cittadini arabo-israeliani, centinaia di false informazioni e fotografie sul conflitto di Gaza che in brevissimo tempo diventavano virali e sebbene più volte sbugiardate venivano spacciate come la verità assoluta.

Le ONG e la strategia di Durban

Dal 2002 la strategia di Durban ha fatto molta strada ed è diventata un vero e proprio piano studiato a tavolino e messo in pratica da decine di ONG che dietro alla facciata “umanitaria” non fanno altro che fomentare odio usando in maniera sistematica la menzogna. A dare il via ufficiale alla strategia di Durban come vera e propria arma è stata una riunione tra i responsabili per il Medio Oriente delle maggiori ONG internazionali tra le quali Amnesty, URW, ISM, Christian Aid, IHH e altre del “blocco anti-israeliano”, riunione che, secondo quanto ci viene riportato da una ONG che vi partecipò credendo si trattasse di un coordinamento umanitario, avvenne nel giugno del 2009 nella sede della IHH a Istanbul, in Turchia. In quella occasione vennero definiti tutti i dettagli del “piano” e persino i suoi tempi di attuazione. In quella occasione si decise di potenziare la campagna di boicottaggio e disinvestimento contro Israele (BDS) decidendo anche come alimentarla con un sistema mediatico già collaudato e inaugurato proprio da Saeb Erekat con la finta strage di Jenin. Venne deciso di potenziare la battaglia per portare Israele davanti alla Corte Penale Internazionale per “crimini di guerra”. Venne poi deciso di creare una vera e propria “macchina della menzogna”, una macchina potentissima che si avvale di centinaia di migliaia di volontari in tutto il mondo pronti a rilanciare qualsiasi menzogna su Israele e nel frattempo a oscurare (o cercare di giustificare) gli atti di terrorismo commessi da Hamas e dagli altri gruppi terroristici. Parole come “resistenza” in luogo di “terrorismo”, oppure “occupazione” in luogo di “terre contese” entrano quindi nel lessico comune dei fomentatori di odio. Fotografie dei massacri in Siria vengono consapevolmente e deliberatamente distribuite come atti successi a Gaza o in Cisgiordania. A dare peso alle menzogne non ci pensa solo il web dove queste menzogne diventano virali, ma soprattutto il “mantello umanitario” dal quel provengono. E la strategia di Durban decolla definitivamente.

Le altre ONG

Alla strategia di Durban si oppongono un manipolo, purtroppo ristretto, di ONG serie che invece di lavorare per fomentare odio lavorano per la pace e per programmi di sviluppo seri. Il problema è che non possono lavorare perché gli viene consapevolmente impedito. Per fare un esempio, un progetto per l’istruzione presentato da una importante ONG italiana da implementare in Cisgiordania non è stato approvato dalla Autorità Nazionale Palestinese solo perché, a detta loro, promuoveva la teoria dei “due Stati per due popoli”. Un progetto sanitario che avrebbe migliorato notevolmente l’autosufficienza a livello medico della Cisgiordania è bloccato da due anni (sebbene finanziato dalla Unione Europea) semplicemente perché la ANP non ha alcun accesso ai fondi e pretende una “tangente” su quei soldi. Quando l’Unione Europea ci ha risposto in merito alla destinazione dei fondi europei alla Palestina (qui trovate il report) abbiamo iniziato a cercare i riscontri scoprendo una marea di progetti di sviluppo finanziati ma mai implementati, in alcuni casi per la impossibilità delle ONG serie di implementarli e in altri casi per la vera e propria scomparsa dei fondi. Ma su questo torneremo a breve in maniera più dettagliata.

Quello che ci appare chiaro è che in Palestina operano due tipi di “organizzazioni umanitarie”, quelle della strategia di Durban che fomentano odio e vogliono una continua situazione di conflitto, e quelle serie che invece operano (opererebbero se gli venisse permesso) per la pace. Ai primi dei palestinesi on gliene frega nulla, ai secondi interessa solo operare per la pace. Purtroppo al momento sono i primi ad avere la meglio.

[glyphicon type=”user”] Scritto da Noemi Cabitza e Sarah F.

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