Non sono bastati i video che li inchiodavano alla loro responsabilità, quattro uomini responsabili della brutale uccisione di una donna accusata (a torto) di aver bruciato il Corano e condannati in prima istanza alla pena di morte, sono stati graziati oggi da una corte di appello afghana che ha commutato le loro pene a 20 anni di carcere per tre di loro e a 10 anni per un quarto uomo.
La motivazione di questa sentenza non è stata diffusa pubblicamente ma secondo fonti a Kabul alla base ci sarebbe il fatto che in Afghanistan la vita di una donna non può valere la vita di quattro uomini.
La donna, che ci chiamava Farkhunda Malikzada e aveva 27 anni, fu ingiustamente accusata di aver dato alle fiamme il Corano e fu assalita da una folla guidata dai quattro accusati e poi bruciata viva dopo aver subito indicibili violenze. All’inizio la polizia afghana, sotto forte pressione, arrestò 49 persone che avevano partecipato al linciaggio ma alla fine solo i quattro uomini accusati di averli incitati vennero processati e condannati a alla pena capitale. Ora questo dietro-front con una motivazione che, se venisse confermata, fa rabbrividire.
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Quando apriamo generosamente le porte dell’Europa e dell’Italia a uomini provenienti da questi paesi, come Afghanistan e Pakistan, mai che nessuno si chieda se tra loro ci sono anche dei rifiuti osceni come questi o come i loro sodali o come tutti quelli che assistono compiaciuti a questi orrori. Tutti profughi, tutti in fuga da regimi oppressivi, tutta brava gente. Là masse urlanti che inneggiano ai massacri, qui solo angioletti.
una cosa irritante di questa notizia è che si continua a sottolineare che fu accusata ingiustamente di aver bruciato il libro sacro di una certa popolazione del mondo. Il problema non è solo di cosa fu ingiustamente accusata ma l’esisto che la cosa ha assunto ovvero il massacro. Che non passi, non passi e non passi in nessun modo che se l’accusa fosse stata “giusta” allora il massacro era tollerabile. Tutti gli uomini del mondo hanno il diritto di bruciare quel cavolo che li pare si chiama libertà di espressione, il resto si chiama barbarie. Punto.